Riassunto lampo: tutti mi gabbano, e io mi ritrovo in un salottino con fellone, stangona russa e Wanda alle spalle, mentre la più illustre britannica del pianeta mi guarda dall’alto della sua poltrona di velluto bordeaux. Di chi parlo? Ma della regina in persona, of course! Che mi propone una lieviiiiiissima variazione sul mio contratto di lavoro con la famiglia reale…
Sorpresa, soggiogata, intrappolata, mi siedo sulla poltrona che la regina mi ha indicato con un breve cenno della mano inanellata. I tre porcellini: Wanda, Olena e Jonathan, restano sull’attenti come soldatini lego, con lo sguardo serio e solenne. Persino la siberiana è composta, e questa attitudine si scontra con la mise chiassosa da lei scelta per l’occasione. Nel breve attimo di silenzio che segue, durante il quale cerco di raccogliere le idee, mi viene da chiedermi che cosa indosserebbe per una serata informale in discoteca. Forse farebbe un’entrata a cavallo, vestita solo dei suoi capelli. Lady Godiva e vodka. Na zdorovye! Mio malgrado, sorrido.
Queen Elizabeth scannerizza le mie labbra con occhio attento, poi solleva il capo di un millimetro. Da un invisibile buco nero, collocato dietro la regal poltrona, si materializza un man in black, occhiali compresi: non muove un muscolo, battendo ogni record di immobilità che mai umano abbia osato assumere. Un ologramma? Un androide? O questa mattina James mi ha servito tè al pejote? Confusa, mi fingo padrona della situazione, ma sento di avere l’espressione della mucca che guarda il treno.
La regina manda un messaggio telepatico al suo tirapiedi che, come una bambola cui hai tirato la cordicella dietro la schiena, inizia a parlare con tono monocorde: “Lady Stephanie Rose Aldridge White, Lei ha firmato un contratto sotto falso nome, ha prodotto un documento d’identità falso e si è introdotta a Buckingham Palace sotto mentite spoglie…”
Il mio corpo si irrigidisce; controllo le vie d’uscita a disposizione e valuto le mie possibilità di fuga: 0, 00000001%. L’uno è per bellezza, ma è un falso positivo. Falso pure lui, insomma. E di positivo, ovviamente, nulla. Nothing. Rien de rien. Merde!
L’automa di nero vestito continua con impietosa precisione: “… il suo vero scopo è appropriarsi indebitamente della Pantera Rosa, diamante di inestimabile valore e proprietà della famiglia reale…”
La regina alza il braccio con un gesto gentile, quasi volesse salutare la folla, e interrompe il suo sottoposto: “Mia cara, non credo di usare un eufemismo dicendo che lei è nella m…”
Per la prima volta, l’automa ha una reazione umana e si scompone: la sua mascella produce un suono secco e la vena della tempia sinistra sembra pompare sdegno; con invidiabile tempismo si sovrappone all’accenno di turpiloquio a sangue blu e sovrascrive: “Lei è nella mistificazione più assoluta ed è, pertanto, una minaccia per la nostra regina, una minaccia per la nostra patria…”
La suddetta regina rotea gli occhi con annoiata noncuranza e zittisce lo zelante essere: “Shut the front door, Smith! Mia cara, qui sta rischiando di essere accusata di alto tradimento, capisce? Mica nespole, perdinci!”
Le maglie della rete che mi sta intrappolando sono ormai strette intorno al mio collo; la mente elabora i dati in modo convulso, alla ricerca di un’informazione che possa permettermi di alzarmi e uscire dall’incubo. Da brava giocatrice d’azzardo, so che non posso più barare: hanno scoperto tutti i miei assi, e in mano ho soltanto un colore mancato. Picche.
L’uomo in nero si schiarisce la voce e s’appresta ad assestarmi il colpo di grazia: “L’accusa di alto tradimento comporta l’incriminazione senza processo e la carcerazione immediata, confiscamento dei beni e indagini a tappeto sui familiari et affini, nonché inserimento nella black list di chiunque abbia e abbia avuto contatti con la sua persona…”
Sua maestà mi lancia un’occhiata piena di brio, come se se la stesse godendo un mondo: “Tagliamo corto, mia cara”, pausa da attrice consumata, brio che diventa greve autorità: “Da questo momento tu sei di mia proprietà, e non ci sono santi!
Mi sembra di sentire la lama del boia accarezzarmi la nuca. Con la coda dell’occhio incrocio lo sguardo di Jonathan e ricevo l’ennesima sorpresa: è grigio di tristezza, privo di ogni luce.
Sto per fare ricorso a tutto il mio orgoglio di donna e di ladra, raschiando il fondo delle mie risorse alla ricerca delle parole giuste per non precipitare ancor più nella vergogna, ma sua maestà ha deciso di annientarmi, e pretende l’ultima parola.
“Che ne diresti di diventare un agente segreto, mia cara?”
Resto a bocca spalancata e occhi sgranati. Un pensiero mi sgorga spontaneo come acqua surgiva: “Questa donna diabolica dovrebbe scrivere dei libri!”
Sua maestà mi regala un sorriso soave, getta un’occhiata bonaria ai tre soldatini alle mie spalle e conclude, eliminando qualsiasi condizionale: “Farai parte della mia piccola squadra segreta, mia cara, e voglio anche il tuo maggiordomo!”
Miei adorati, mi par di sentire un paio di manette d’argento che stringono i miei polsi di ladra. E un ladro è come un pirata: prendigli tutto, ma non la sua libertà! A la prochaine!