It’s raining men…

Ehhhh, magari!

Miei fedelissimi e splendidi compagni di blog, in barba al karma (sembra il titolo di un tormentone estivo di Fedez e J-Az), faccio spallucce alla Pantera Rosa e continuo a proporvi i miei appunti di guerra. Lo avete visto anche voi, vero? Lui. Il vero maschio da spiaggia. Il leone della giungla. Giungla di ombrelloni, of course!

Sabato d’estate, riviera romagnola, bagno 42.

Supera di molto la quarantina ma non se ne fa una ragione. Ha il capello sale e pepe(quando ancora persiste) portato a criniera, perché lui è il re della spiaggia, il duce supremo della prima fila di ombrelloni, il leader maximo dei bagnanti.

Arriva non prima delle undici di mattina, si ferma a bere il caffè, sfogliare la gazzetta e fare la battutina scamuffa alle bariste ormai rassegnate. Poi, si piazza a fumarsi la sigarettina in cima alla pensilina, gambe larghe e mano sul fianco, scrutando il suo regno.

La mise non lascia dubbi sulle profondità complesse del suo essere: la chiglia s’incaglia nella melma, ma lui non lo sa. Polo pastello con il colletto alzato, pantaloncino fiorato con cellulare che spunta dalla tasca posteriore, infradito havaianas e occhiale con le lenti a specchio viola. Telo buttato con noncuranza sulla spalla, stile “take it easy, man”.

Sfila in passerella fino alla sua postazione davanti al mar, mentre il radar inserito nella lente catarifrangente capta ogni particolare, ogni dettaglio importante: la chiappa al vento della numero 24, la babysitter rumena bionda naturale, i compagni di merenda con il mazzo di carte in bella mostra sul lettino all’ombra, il bagnino di diciotto anni alto due metri, bello come una statua greca ma vuoi mettere con l’esperienza di un uomo consumato che ha visto cose nel mondo che voi sbarbi non potete neanche immaginare, tzè…

Si abbronza da marzo a inizio giugno, poi, vive di gloria. Non fa il bagno, non si toglie la maglietta men che meno l’occhiale. Verso mezzodì se ne va a pranzare nella sua casetta a schiera, pennichella, e riapparizione verso le cinque, giusto giusto per l’ultima partitina e il primo aperitivo.

Fatto con lo stampino tipo Ken made in Cotignola, lo trovi su tutte le spiagge della riviera romagnola. Una certezza, una garanzia.Come ferragosto, la carezza delle meduse, la motonave Vikingo e il bagnino che si fa la babysitter rumena. E pure le bariste. E, quando arriva il lunedì e Ken torna al lavoro, pure la moglie in vacanza.

Curse of the lazy writer ovvero la maledizione della Pantera Rosa

Adoratissimi e negletti amici, non crediate che me ne stia a crogiolarmi tra le onde, champagnino in una mano e crudité nell’altra, mentre voi tutti anelate ad avere un segno, un segnale della mia presenza. Non ho mai creduto che la vita sia sacrifizio, neppure che il bicchiere sia mezzo vuoto: il mio è un flute e contiene doppia razione di Perré-Jouet, ma, a quanto pare, aver ceduto a troppa pigrizia (quando mai la pigrizia è troppa?) e aver lasciato l’avventura della Pantera Rosa a languire sulle ultime battute, ha creato scontento, perciò l’Universo mi ha punita con immane crudeltà!

Eccomi piazzata davanti al desco di amici (che lascerò nell’anonimato per motivi di privacy e possibile mappatura da parte dell’Intelligence a.k.a. cani della Queen). Pesce, vino, risate. Tutto procede secondo il mio personale copione: quando viene l’estate, tieni il trolley pronto e accetta inviti da chi ha la maison à la mer.

Arriva la notte. Nel mio comodo lettino, sogno. E mi gonfio: guancia sinistra e gola. Reazione allergica a je ne sais pas quoi. Il giorno dopo, sono costretta a ingurgitare antistaminico e a evitare qualsiasi cosa possa procurare allergia. Ergo: me ne sto in spiaggia all’ombra, in castigo senza cena.

Ma tutto questo non mina il mio buonumore, jamais!

Passa l’allergia. Il medicinale mi procura una sonnolenza da neonato satollo (tranne che io mi sono nutrita di cocomero e acqua). Dopo un acquazzone a ciel sereno (inaspettato, inopportuno e invasivo), scivolo nel fango con la grazia della morte del cigno e mi procuro uno stiramento del polpaccio come non mi capitava dalla volta in cui mi sono calata da un tetto in tacco dodici. Soffro e impreco. Impreco e soffro.

Ma tutto questo non mina il mio buonumore, jamais!

Claudico all’interno di un grande magazzino. Aria condizionata. Temperatura percepita: meno mille. Bottiglietta da cui bevo un sorso d’acqua: ghiaccio antartico. Claudico all’esterno del grande magazzino, prossima allo svenimento. Il cielo che mi sovrasta viene a conoscenza di una serie di nuovi epiteti a lui rivolti che lo porteranno a prendere ulteriori provvedimenti nefasti nei miei confronti.

Ma tutto questo non mina il mio buonumore, jamais!

Pour finir, sabato sera mi regalo un apericena in terrazza, mentre un gruppo soul allieta le mie orecchie. Una foglia di basilico mi va di traverso, e io resto con questo macigno sul petto per tutta la sera, la nottata e la mattina successiva. Il basilico diventa il nemico, e il cielo stellato accoglie il suono accorato e vietato ai minori del mio più colorito turpiloquio.

Il mio buonumore è minato, ma il ritorno a casa sul mio divano -àncora di salvezza e zona franca- sarà il mio luogo di riflessione, il confessionale, l’angolo dell’ispirazione creativa. O della follia.

Perché l’Universo vuole sapere come finirà la storia della regina e della Pantera Rosa. E non perdona gli scrittori pigri.

Tipica espressione di scrittore pigro in cerca di motivazione