Numb

Don’t grab
Don’t clutch
Don’t hope for too much
Don’t breathe
Don’t achieve
Or grieve without leave

La conoscete, vero, quella sensazione?

Girotondo isterico di gente, facce, voci, strade che cammino perché devo mentre il cuore è in stracci, rappezzato sommariamente per continuare a farmi male, a stringermi nel pugno del tempo che si muove mentre io sono fermo, paralizzato nell’ultima emozione che mi hai sferrato a tradimento, l’ultima tua frase che mi hai tatuato a forza sulla pelle, l’ultimo tuo sguardo che cercava la valigia e allora corro, mi scapicollo verso il giardino della falsa speranza dove ho tentato di coltivare illusioni, ma ho dato fondo alla mia scorta d’acqua e non restano che arida realtà, mozziconi di promesse, avanzi di ricordi dalle radici resistenti che cerco di estirpare, strappare dalle profondità del mio terreno che non ha crepe ma burroni, orridi d’infinito buio e stupore che non passa, non s’arrende, arranca sugli specchi e scivola, si scortica, si sgretola e si fa certezza.

Voglio anestetizzarmi, drogarmi di silenzio, ovattarmi il respiro fino ad addormentarmi, cadere in coma affettivo, linea piatta dell’amore, lobotomia, amnesia, numb.

Non svegliatemi. Mai più.

Precisazione cosmica: ogni riferimento a luoghi, persone, fatti autobiografici è puramente casuale. Questa è fiction, folks!