The power of love

I’ll protect you from the hooded claw
Keep the vampires from your door
When the chips are down I’ll be around
With my undying, death-defying
Love for you

Mi piace quando mi apri la portiera della macchina e mi fai salire sorreggendomi il braccio con delicatezza, come fossi un fragile stelo di cristallo. Solo per te la mia voce è un timbro vocale da bambina, tenero tenero, punteggiato di vezzeggiativi inventati per sollecitare il tuo istinto protettivo. Mi hai scelta perché ti sembravo in difficoltà con l’esistenza: mi percepivi sospesa su un ponte tibetano, timorosa di muovere passi decisi lungo l’avanzare del quotidiano combattimento. E io fingo d’inciampare una volta in più del vero, goffa, buffa ma graziosa, perché è così che mi vuoi. Non c’è calcolo nel mio comportamento, soltanto una risposta istintiva ai segnali che invii.

Ogni tuo gesto mi richiama alla mente l’inizio di una frase famosa e io, senza elaborare alternative, rispondo con la conclusione più ovvia, l’unica che mi metti a disposizione.

Abbozzo quando accogli certe mie frenetiche parole con un sorriso paterno, accondiscendente: l’adulto che conosce la facile soluzione e si diverte a osservare il bambino che tenta coi suoi mezzi ma che s’impiglia, impacciato, su quella tracotante benevolenza che si crede superiore. Il premio è l’amore nel tuo sguardo mentre mi prendi per mano e mi conduci verso la via più breve, togliendomi dalle spalle il peso della scelta.

A volte cerco la lite per il gusto di metterti all’angolo con la ferocia dei miei pindarici giri di parole. Il tuo bianco e nero si scontra con la gamma infinita delle mie sfumature, ma non ti sto a spiegare e tu non provi a capire.

Allora, ti lascio ai tuoi amici e alla Champions league ma ti pretendo nei miei peregrinaggi al centro commerciale, dove scelgo i vestiti sperando che ti piacciano. Mi vuoi bella, con i capelli lunghi come quando mi hai vista per la prima volta.

Poi, cena per due, e ancora la mia vocetta ipnotica, intima, per diluire la passione in coccole, nella vana ricerca di una connessione profonda che traduca i nostri sospiri in linguaggio universale.

Di nuovo mattina, e la luce senz’ombre mi restituisce i contorni netti della nostra distanza.

Mi piace quando mi fai sentire piccola e protetta.

Odio quando mi fai sentire piccola e protetta.

E’ così comodo quando mi fai sentire piccola e protetta…

Questo è amore?

Marte e Venere (rigorosamente in ordine cronologico, of course)

www.mondadoristore.it

Pioveva sui nostri corpi spogliati, un vero nudifragio
Alessandro Bergonzoni

Marte.

Era una cosina delicata e piccina ma con tutte le curve al loro posto, da imboccare senza indicazioni stradali. Aveva altresì occhioni pieni di stelle luccicanti, ciglia ricurve sulle quali appoggiare sospiri, e labbra adulte e consenzienti, facili al sorriso e ai baci. Quando parlava, era un trillo vibrante e chiacchierino: non importava ciò che dicesse, contava soltanto seguire la nota in salita che poi si spezzava in vivaci cinguettii, come un sacchetto di biglie colorate lanciate giù per la scala. Faceva spallucce all’esistenza e mostrava la lingua a chi invidiava la posizione che era sua per merito: sotto i riflettori, al centro del palcoscenico, tra petali di rose rosse. Le regalavo perle e viaggi sulla luna sperando di essere l’unico a farla sentire vera, dopo la notte insieme. E invece mi ha lasciato, senza dirmi perché ma con lividi sul mento e il cuore, e io piango al bancone del bar, mentre Gigi e Pitbull mi organizzano una serata per dimenticare al ristorante brasiliano…

Venere.

Lo avevo avvisato: “Se ti sento ancora definirmi “curvy”, ti stendo con un gancio al mento e un calcio nei tuoi gioiellini”. E l’ho fatto, sfruttando l’effetto sorpresa: mamma lo dice sempre che ho la forza (e la grazia) di un muratore di due metri, e che i quaranta centimetri d’altezza che non si vedono li tengo nascosti come il mocio che si allunga alla bisogna (ogni tanto mamma parla come Marte). Dice anche che è vero che l’amore è cieco, ma che io sono miope come la talpa di Lupo Alberto. Lo so, sono logorroica e ho la voce della Chiabotto che fa plin plin, ma quando cerco di fare un discorso serio, lui mi tasta le tette e mi sussurra che sono il suo cricetino. Oppure mi fa uscire con la sua compagnia di decerebrati, con quelle quattro arpie che mi scannerizzano tipo metal detector, per vedere se la borsa è cinese o borbonese. Se ogni tanto mi avesse ascoltato! Non voglio mica la luna, ma smettila di regalarmi le rose e l’intimo della Perla che costa un botto, e poi non imbrocchi mai i miei gusti: finisce sempre che scegli i perizoma con i brillocchi che sono comodi come la sabbia nel letto! Vabbé, domani è venerdì e la Maia e la Lolli mi portano a fare baracca al ristorante brasiliano…

Quesito cosmico: to be continued?