Una pandemia così pericolosa che non si trovano infetti

Prof. Adrian Hill del Jenner Institute dell’Università di Oxford

Marcello Pamio

Ecco il titolo dello sconvolgente articolo pubblicato il 23 maggio 2020 sul giornale britannico DailyMail, rifacendosi ad una intervista al Telegraph: “Lo studio sui vaccini dell’Università di Oxford ha solo il 50% di probabilità di successo perché il virus sta scomparendo nel Regno Unito – gli accademici chiedono che vengano infettati i volontari umani”.
Il professor Adrian Hill direttore del prestigioso Jenner Institute dell’Università di Oxford che guida lo studio sul vaccino contro il coronavirus e che dovrebbe fornire 30 milioni di dosi al governo di Sua Maestà entro settembre, ha detto al Telegraph che esiste solo il 50% di probabilità di successo perché il virus sta scomparendo nel Regno Unito!

Purtroppo non è uno scherzo, è tutto vero.
In pratica i 10.000 volontari che riceveranno la dose di vaccino e poi dovranno mescolarsi nella società per essere infettati naturalmente dal virus avranno pochissime probabilità che ciò avvenga perché il corona se ne sta andando.
Quindi gli scienziati non potranno dimostrare se il vaccino fa veramente la differenza!
Come risolvere questo enorme problema? Fortuna vuole che qualcuno in Inghilterra abbia seguito le peripezie del virolprodigo, nonché diversamente-umile Burioni ed abbia proposto di infettare deliberatamente i volontari con il virus per vedere se il vaccino li protegge!

Dopo aver buttato nel cesso le varie carte costituzionali, tutti i diritti umani, ora cancellano di fatto anche la bioetica. Se infatti tralasciamo le sperimentazioni criminali del passato, come quelle del nazionalsocialismo tedesco, da quando in qua un governo accetta consapevolmente di infettare delle persone sane? Tanto più sapendo che il virus sta sparendo da solo senza alcun vaccino…
Che fine hanno fatto la deontologia medica e soprattutto il Giuramento di Ippocrate?
GIURO di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vitala tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza…”
GIURO di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente”.
Non sono riuscito a trovare la riga dove il medico giura per il bene altrui “di infettare e far ammalare persone sane”, ma potrei aver sbagliato giuramento…
Ovviamente tutto passa in secondo piano quando si parla di vaccini, quando si toccano interessi economici inauditi, compresa la Vita e la dignità dell’essere umano!

Fonti originali

Oxford University vaccine trial has only a 50% chance of success because virus is vanishing in UK – academics call for human volunteers to be infected

Oxford University Covid-19 vaccine trial has only 50 per cent chance of success

Divieto di annegare

Niente respirazione bocca a bocca, i bagnini potranno solo guardare il petto dell’affogante. Nei protocolli sulla balneazione l’assurdo di una società in cui morire sta bene, a patto che non sia per Covid

ULLSTEIN BILD VIA GETTY IMAGES
 (Photo by Mayall/ullstein via Getty Images)

È fatto divieto di annegare. Gli italiani che si apprestano ad andare in spiaggia con mascherina e guanti saranno i nuovi eroi italiani. Dovranno sfidare la rifrazione del plexiglass di sicurezza, che abbasserà della metà il rischio di coronavirus e alzerà del doppio quello di prendersi un coccolone. Potranno fare il bagno solo se nuoteranno, e nel farlo non potranno annegare. Il documento tecnico di balneazione sfornato dall’Inail prevede infatti che per salvare vite i bagnini non potranno salvare vite.

La dittatura della precauzione, come da formidabile sintesi di David Carretta, impone infatti ai baywatcher nostrani di non avvicinarsi troppo al malcapitato moribondo per non rischiare di ammalarsi o di ammalare. L’orwelliana disposizione raccomanda “di valutare il respiro soltanto guardando il torace della vittima alla ricerca dell’attività respiratoria normale, ma senza avvicinare il proprio volto a quello della vittima”. Senza considerare il duro colpo all’immaginario costruito a partire da Baywatch fino ad arrivare a Stranger Things di uomini e donne belli in modo assurdo che mettono a servizio la propria competenza per un atto che racchiude universi di malizia, una pletora di professionisti del soccorso demitizzati e costretti a inforcare gli occhiali per decidere se il su&giù del petto risponda a non si sa quali canoni di accettabilità, i più realistici dipendenti degli impianti di balneazione avranno un baluardo a difesa del contagio.

Guai a chi si avvicinerà a soccorrere il moribondo, pena l’arrivo di un drone poliziottesco e una diretta tv che inchioderà l’untore – vai poi a capire chi sia dei due, se l’affogante o il soccorritore – alle proprie responsabilità e a una multa salatissima. Divieto di annegare, dunque, l’assurdo di una società in cui morire sta iniziando a diventare accettabile, a patto che non sia per Covid. Ma anche moriste, non c’è nulla da temere. Il protocollo segue le raccomandazioni dell’Italian Resuscitation Council. Al massimo ci si rivede dopo tre giorni, stessa spiaggia, stesso mare.

Vegeto ergo sum

Dal sito di Giorgio Agamben

Biosicurezza e politica

Ciò che colpisce nelle reazioni ai dispositivi di eccezione che sono stati messi in atto nel nostro paese (e non soltanto in questo) è l’incapacità di osservarli al di là del contesto immediato in cui sembrano operare. Rari sono coloro che provano invece, come pure una seria analisi politica imporrebbe di fare, a interpretarli come sintomi e segni di un esperimento più ampio, in cui è in gioco un nuovo paradigma di governo degli uomini e delle cose. Già in un libro pubblicato sette anni fa, che vale ora la pena di rileggere attentamente (Tempêtes microbiennes, Gallimard 2013), Patrick Zylberman aveva descritto il processo attraverso il quale la sicurezza sanitaria, finallora rimasta ai margini dei calcoli politici, stava diventando parte essenziale delle strategie politiche statuali e internazionali. In questione è nulla di meno che la creazione di una sorta di “terrore sanitario” come strumento per governare quello che veniva definito come il worst case scenario, lo scenario del caso peggiore. È secondo questa logica del peggio che già nel 2005 l’organizzazione mondiale della salute aveva annunciato da “due a 150 milioni di morti per l’influenza aviaria in arrivo”, suggerendo una strategia politica che gli stati allora non erano ancora preparati ad accogliere. Zylberman mostra che il dispositivo che si suggeriva si articolava in tre punti: 1) costruzione, sulla base di un rischio possibile, di uno scenario fittizio, in cui i dati vengono presentati in modo da favorire comportamenti che permettono di governare una situazione estrema; 2) adozione della logica del peggio come regime di razionalità politica; 3) l’organizzazione integrale del corpo dei cittadini in modo da rafforzare al massimo l’adesione alle istituzioni di governo, producendo una sorta di civismo superlativo in cui gli obblighi imposti vengono presentati come prove di altruismo e il cittadino non ha più un diritto alla salute (health safety), ma diventa giuridicamente obbligato alla salute (biosecurity).
Quello che Zylberman descriveva nel 2013 si è oggi puntualmente verificato. È evidente che, al di là della situazione di emergenza legata a un certo virus che potrà in futuro lasciar posto ad un altro, in questione è il disegno di un paradigma di governo la cui efficacia supera di gran lunga quella di tutte le forme di governo che la storia politica dell’occidente abbia finora conosciuto. Se già, nel progressivo decadere delle ideologie e delle fedi politiche, le ragioni di sicurezza avevano permesso di far accettare dai cittadini limitazioni delle libertà che non erano prima disposti ad accettare, la biosicurezza si è dimostrata capace di presentare l’assoluta cessazione di ogni attività politica e di ogni rapporto sociale come la massima forma di partecipazione civica. Si è così potuto assistere al paradosso di organizzazioni di sinistra, tradizionalmente abituate a rivendicare diritti e denunciare violazioni della costituzione, accettare senza riserve limitazioni delle libertà decise con decreti ministeriali privi di ogni legalità e che nemmeno il fascismo aveva mai sognato di poter imporre.
È evidente – e le stesse autorità di governo non cessano di ricordarcelo – che il cosiddetto “distanziamento sociale” diventerà il modello della politica che ci aspetta e che (come i rappresentati di una cosiddetta task force, i cui membri si trovano in palese conflitto di interesse con la funzione che dovrebbero esercitare, hanno annunciato) si approfitterà di questo distanziamento per sostituire ovunque i dispositivi tecnologici digitali ai rapporti umani nella loro fisicità, divenuti come tali sospetti di contagio (contagio politico, s’intende). Le lezioni universitarie, come il MIUR ha già raccomandato, si faranno dall’anno prossimo stabilmente on line, non ci si riconoscerà più guardandosi nel volto, che potrà essere coperto da una maschera sanitaria, ma attraverso dispositivi digitali che riconosceranno dati biologici obbligatoriamente prelevati e ogni “assembramento”, che sia fatto per motivi politici o semplicemente di amicizia, continuerà a essere vietato.
In questione è un’intera concezione dei destini della società umana in una prospettiva che per molti aspetti sembra aver assunto dalle religioni ormai al loro tramonto l’idea apocalittica di una fine del mondo. Dopo che la politica era stata sostituita dall’economia, ora anche questa per poter governare dovrà essere integrata con il nuovo paradigma di biosicurezza, al quale tutte le altre esigenze dovranno essere sacrificate. È legittimo chiedersi se una tale società potrà ancora definirsi umana o se la perdita dei rapporti sensibili, del volto, dell’amicizia, dell’amore possa essere veramente compensata da una sicurezza sanitaria astratta e presumibilmente del tutto fittizia.

11 maggio 2020
Giorgio Agamben