Sciapo, bollito. Lo credevo barricato come il vino buono, invece è solo vecchio. Stantio. Magari dovevo lasciarlo battere in una botte di rovere, non tra carcasse d’ossa. Lo tenni ben tappato, questo è certo, o forse troppo soffocato, non so.
Lui fa ciò che deve: timbra e sgobba senza pause. Niente ferie, niente svaghi. Pulsa, quieto, come da contratto. Ma io so che, in cuor suo, non ha più smalto. Anni fa scoppiava di gioia, ora aspetta soltanto la fine del giorno. Come se, domani, ci fosse qualcosa -che so- una botta, un fremito.
Una traccia nascosta, un bonus inaspettato. Un rosso Ferrari carico, per ripartire con le gomme nuove. Un vinci dopo aver grattato, ma grattato tanto, non soldi facili. Anche una nuova sfida dall’esito incerto andrebbe bene, purché scossa.
Alt! Ho bisogno di volt. Una scarica che squarci il mio cielo gonfio d’acqua, per far sì che il cumulonembo torni sole vibrante.
Nel 1967 Ron Jones è un giovane professore di storia e letteratura alla Cubberley High School di Palo Alto e, come molti i suoi coetanei, è un idealista e un sognatore. Figlio di quei tempi furiosamente anticonformisti che furono i Sixties, caratterizzati dal rifiuto delle regole e da uno stile di vita spirituale e libero, Ron è un professore atipico in quella scuola a tradizione conservatrice. Cerca subito di instaurare un clima più amichevole e confidenziale con i suoi studenti, si fa chiamare Ronny e durante le sue lezioni cerca di coinvolgere in dibattiti i suoi studenti, cercando di far sbocciare soprattutto la loro sfera emotiva.
Siamo nella prima settimana di aprile e Ron è alle prese con una lezione che lo sta mettendo in difficoltà. Deve parlare ai suoi studenti dei regimi totalitari in Europa, nazismo e fascismo, ma non riesce a coinvolgerli: nulla di quello che dice arriva alle loro giovani menti, che al contrario trovano inverosimile che un intero popolo abbia potuto per così tanto tempo accettare quell’orrore, che dovevano essere per forza ignari di tutto ciò. Ron allora ha un’illuminazione: se, per spiegare loro come un popolo possa sottomettersi totalmente in nome di un’idea di ordine e progresso libri e tesine non sono efficaci, allora è lecito tentare con un esempio pratico che li veda coinvolti direttamente.
La mattina seguente, allora, appena entrato in classe con gli studenti, comunicò loro l’inizio di questa specie di gioco, impartendo una serie di regole. Non potevano più sedersi dove e come volevano, non potevano più intervenire liberamente o interrompere la lezione, non potevano più chiamarlo Ronny, ma, per quel giorno sarebbero dovuti entrare in classe ordinati e silenziosi, sedere a determinati posti scelti da lui, stare seduti composti e a braccia conserte, avrebbero dovuto chiamarlo Mr Jones e avrebbero potuto porre quesiti solo con tre parole. Addirittura, Ron fece fare più volte delle prove finché i ragazzi non entrarono in classe silenziosi e marziali.
Inizialmente riteneva che i suoi studenti non l’avrebbero preso sul serio, ma con suo grande stupore vide che invece loro seguirono alla lettera ogni sua indicazione. Forse incuriositi dallo strano gioco, rimasero attenti e rispettosi a seguire la lezione, generando anche un miglioramento nel profitto generale della classe. Al che, Ron pensò di proseguire l’esperimento e portarlo a un livello successivo. Infatti il secondo giorno, dopo l’ingresso ordinato e rispettoso degli studenti, comunicò altre importati disposizioni. Innanzitutto loro non erano dei banali studenti di liceo, ma facevano parte di un movimento chiamato “La Terza Onda”, chiamata così perché quando le onde arrivano in serie la terza è sempre la più potente, e i suoi membri avrebbero necessitato di una divisa per essere riconoscibili – una camicia bianca con un jeans – di un tesserino per essere identificabili e un saluto per sentirsi fratelli. Questo gesto consisteva nell’estensione del braccio, con similitudini alquanto preoccupanti col saluto nazista.
Mr Jones non impone solo uno stile, un dress code, ma anche un ideale e un motto:
Forza attraverso la disciplina, forza attraverso l’unione, forza attraverso l’azione, forza attraverso l’orgoglio.
Ma soprattutto il professore introduce uno scopo: obbedire, seguire ciecamente il leader, cioè lui stesso. L’esperimento si rivela a quel punto interessante e molto utile per esplicare la lezione sui totalitarismi; sembra poco più di un gioco, ma di lì a poco rivelerà aspetti inquietanti. Il terzo giorno non c’erano più solo i trenta studenti iniziali, ma se ne aggiunsero altri tredici da altre classi; probabilmente la notizia si stava spargendo nella scuola e molti altri avrebbero voluto entrare a far parte del movimento. A preoccupare era però l’eccesso di zelo e l’assenza di alcuna individualità da parte degli studenti dell’eseguire gli ordini di Mr Jones. A quel punto la loro reale convinzione era che quello non fosse un esperimento, ma qualcosa di realmente reale e grandioso.
Alla fine della giornata le camicie bianche arrivarono a duecento. Sembravano pronti a tutto, questi esponenti della Terza Onda, arrivarono a formare un gruppo interno incaricato di selezionare gli aspiranti nuovi membri, che sarebbero entrati attraverso un rito d’iniziazione. Costituirono addirittura un servizio d’ordine per impedire che intrusi o contestatori potessero disturbare o interrompere il leader durante le sue lezioni. Una sottomissione cieca in assenza di spirito critico che sembrava aver trasformato degli adolescenti in membri del terzo Reich.
Le proporzioni del problema iniziarono a notarle gli altri professori, che vedendo questi ragazzi in camicia bianca contestare le loro lezioni ed entrare in conflitto con gli altri, decisero di parlarne a Ron. Il professore era altrettanto preoccupato perché vedeva che l’indottrinamento aveva raggiunto il picco massimo: le camicie bianche arrivarono a denunciare quei membri ritenuti da non abbastanza ossequiosi, chiedendo pene esemplari. Il professore capì che premendo su alcuni tasti della giovane e sensibile psiche di quei ragazzi, utilizzando il proprio carisma e il fascino di regole strumentali a un fine superiore, aveva ricreato le dinamiche della Germania degli anni Trenta. Ma capì anche che era ora di porre fine a tutto, prima che avvenisse il peggio.
La mattina del quarto giorno convocò tutti i membri della Terza Onda in classe per un’importante comunicazione e si ritrovò dinanzi duecento camicie bianche, tutte in riga. Lui invece era alla cattedra con un televisore acceso, ma senza segnale. Comunicò ai ragazzi che il leader mondiale del movimento stava per fare un comizio in cui avrebbe annunciato la propria candidatura alla presidenza degli Stati Uniti, generando tensione altissima nell’aula, ma la sorpresa per i militanti fu grande. Infatti, dopo pochi secondi apparve sullo schermo un documentario sul nazismo e su Adolf Hitler.
Prontamente Ron prese la parola per spiegare ai ragazzi che tutto quello che avevano vissuto non era reale: la Terza Onda non esisteva e, comunque, ecco spiegate le dinamiche che spingono un popolo tra le braccia della bestia. La reazione dei ragazzi fu inizialmente una totale delusione mista a rabbia – che inizialmente porterà qualcuno ad aver bisogno di sedute dallo psicologo – ma la maggior parte di loro tornerà semplicemente alla vita precedente, così come il loro ex leader, che tornerà a essere il solito professore stravagante.
Non catalogato ufficialmente come esperimento sociale, il caso della Terza Onda rappresenta però un insegnamento ancora attualissimo in una società così facilmente influenzabile dalle fake news, dove la maggior parte dei cittadini vive una condizione d’ignoranza funzionale che impedisce di comprendere il significato di un testo dal linguaggio tecnico, o solo particolarmente forbito. Se a ciò aggiungiamo uno stato di totale smarrimento ideologico e valoriale, un quadro degradante dei costumi e dell’economia, appare chiaro che l’attenzione verso il rischio di una tale deriva non deve calare. Perché, come sosteneva Freud:
La folla è un gregge docile incapace di vivere senza un padrone. È talmente desiderosa di obbedire che si sottomette istintivamente a colui che le si pone a capo.
“E’ un così bravo bambino, tanto, tanto obbediente!”.
“Va tanto bene a scuola, sa a memoria tutte le tabelline e ha pure dieci in condotta!”.
Promosso.
Lavati i denti, fai i compiti, non rispondere male, saluta la maestra, tieni in ordine la tua stanza, vai al catechismo, non fare tardi la sera, fatti il fidanzato, trovati un lavoro, sposati, fai figli, falli studiare, lavarsi i denti, farsi il fidanzato, sposarsi, fare figli.
Promosso.
Non avanzare il cibo, pensa ai bambini in Africa, impara a memoria il nome di tutti i presidenti, guarda il tg, non ti piace leggere ma compra almeno un quotidiano, informati, impara da chi ne sa, chiedi al dottore, chiedi all’avvocato, chiedi allo specialista, impara il senso civico, segui le regole, fai il tuo dovere, fai la tua parte, saluta la maestra, accendi la tv, mangia etico, lavati i denti, devi dimagrire, devi ingrassare, vai al catechismo, hai la febbre, prendi l’aspirina, la tachipirina.
Promosso.
Metti la suppostina, metti la mascherina, apri facebook, scrivi un tweet, posta instagram, fai un tik-tok, fai una tac, fai la dad, impara a memoria, guarda quark, c’è sanremo, c’è fabi fazi, c’è taffazzi, leggi murgia, poi saviano, guarda grillo, vota grillo, mangia i grilli, fatti il fidanzato, poi la fidanzata, non metterti i tacchi, metti i tacchi, love iuesei, sogna rem, ama i dem, copriti, distanziati, fatti un vax, non farti un novax, scarica il paz, fatti uno spritz, scrivi il dettato, cancella con la gomma, cos’hai sotto la gonna, cancella con la gomma ciò che c’hai sotto la gonna, ama, mangia, bevi, odia.
Promosso.
Fatti un’idea, non avere idea, compra all’ikea, ama il green paz, ama la pax, metti un russo in ogni cannone, odia il russo e fatti un cannone, vacanze a kiev, ascolta i maneskin dal vivo a mariupol, spegni il gas, attaccati al gas, attaccati al bus, compra un maglione fatti un cannone, fatti un tampone, vai a ripetizione, prendi un bel voto, fatti un cannone, fatti una dose, rimettiti in pista, fatti una pista, asfalta un complottista, metti una sera a cena, metti una ffp2 a cena, lavati i denti, prova a fare figli, arriva a sera, non fare tardi a cena, la sera -se poi ci arrivi- alla sera, mangia i grilli, mangia farfalle, hai le farfalle nello stomaco, hai un colpo al cuore, non perdi un colpo, non hai colpa se perdi un colpo, ti è venuto un colpo.
Miei pochissimi cari, se ho perso l’estro ci sarà un pourquoi, ma, giuro, fatico a trovarlo! Analizzo il mio quotidiano, la mia raison d’etre, ma non trovo una causa conclamata a cui possa imputare la mia assenza di essenza (creativa). Niente, nada de nada, rien de rien.
Starò invecchiando. Mangio troppi Saikebon. Sarà l’inverno. Guardo troppi drama cinesi dove alla fine tutti muoiono. Eppure tutti dobbiamo morire. Non esiste l’immortalità di gregge (fatevene una ragione). Ho un brutto carattere. Non so scrivere. Non ho niente da dire. Non mi piace il mio nuovo taglio di capelli.
Molti dicono: sono così STRESSATO! Forse è lo stresssssss. Ma diamine, che motivo ho per averci lo stress? Mi interrogo alle due di notte, ma non trovo risposte. La vita mi sorride, ma io mi giro dall’altra parte. L’importante è la salute. La joie de vivre. Lo stupore di bimbo. I gattini. I gattini.
L’uomo è buono dentro. Laggiù, in fondo al tunnel. Dove è più tenero. Fuori, l’uomo è una testa di cazzo. Forse è questo. Eppure no, sarà testa di cazzo ma ama i gattini. E i gretini. E gli unicorni e gli arcobaleni. Quindi non è che non è buono, è solo un po’ idiota.
Scusate, divago. Stream of consciousness. Nel senso di pensacchiare ad cazzum et ruotam liberam. La ruota è libera, è la ruota della fortuna, ma non pensiamo che sia un liberi tutti, perdio!
Un dubbio mi assale, ma senza violenza. Più una carezza, o una pestatina di piedi senza premeditazione. Sono influenzata? Il mio bosco interiore è sconquassato da un tornado? Sono stata nella corrente e ho preso la variante? Sta accadendo qualcosa fuori che contagia il mio tutto dentro? Lo spoglia, lo depaupera, lo cristallizza e persino fossilizza?
Non so, non capisco. Non ho la tivvù, forse è perciò che non so.
Scusate, mi rifugio nel mio bosco. Solo io posso accedervi. No, niente pass. Il bosco permette solo a me di entrare. E non ho neppure una dose.
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E ora, per la gioia di grandi e piccini, inauguro una nuova rubrica dal titolo: TESTI MESTI! Scelgo un testo di canzone e lo aggiorno. Oggi si fa così, si sovrascrive. E quello che era, si dimentica. Ma qui non si dimentica nulla, perciò aggiungo il video originale.
TESTI MESTI: NON SCRIVO PIU’.
Non scrivo più me ne vado. Non scrivo più davvero. La vita è ormai disfatta io vado in un ritrovo e lascio tutto il gregge dietro me. Non scrivo più me ne vado. Non scrivo più davvero. La faccia di cemento tu parli e non ti sento io spengo e chi non spegne guarda me…rd. Non scrivo più lascia stare, non scrivo più ti assicuro. Se ti faccio male poi avrai il tuo pass tanto il mondo come prima senza voglia girerà. Non scrivo più me ne vado. Non scrivo più ma davvero.
Non credere ai capricci di un decreto che col drago se ne va. Non scrivo più… Non scrivo più… Non scrivo più…