Battesimo

[Forwarded from Weltanschauung Italia]

Per comprendere su quale livello si sia attestato il dibattito intorno alla vaccinazione, può essere illuminante leggere l’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano dalla giornalista e scrittrice Barbara Alberti.

L’articolo, di per sé interessante quanto una foglia secca in un bosco d’autunno, contiene però delle precise scelte lessicali che ne rendono meritevole la lettura.

Nelle parole enfatiche con cui la Alberti descrive la sua esperienza legata al vaccino, traspare infatti una fervente mentalità parareligiosa che permea, sullo stesso tema, una parte consistente della popolazione.

“E’ stato meraviglioso”.

“Ho fatto a piedi un’ora, con un’energia in corpo da pazza”.

“Il vaccino è stato un esorcismo”.

“Prima ti senti un miserabile, non sai che fine farai, e poi fai il vaccino, ti hanno battezzata, sei grata”.

“Sei fra i salvati”.

Mentre si dibatte ogni giorno di scienza e metodo, di numeri e rigore, appare sempre più evidente come il reale paradigma psichico, che muove le masse e le fa aderire alla narrazione ufficiale, non abbia nulla di scientifico ma si riveli essere un intreccio emotivo di paura della morte, nutrita senza sosta da oltre un anno di propaganda tanatocentrica, e di riproposizione in chiave ospedaliera dei grandi quesiti soteriologici legati alla salvezza dell’uomo.

Il vaccino, da semplice preparato farmaceutico, sconfina ben presto nel regno del miracolo e dell’estasi mistica.
Equivalente tecnoscientifico dei sacramenti e dell’acqua di Lourdes, del tocco taumaturgico dei re Capetingi e delle grazie concesse dai santi, di fronte alla sua promessa di redenzione non resta che scoprire il braccio e credere perché, secondo il postulato teologico della Nuova Chiesa del Sacro Covid, “nulla salus extra vaccinum”

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Appunti di guerra

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Mentre impazza la variante indiana, l’impavida gioventù sfida le intemperie e si gode l’agognato aperitivo tra i tavoli all’aperto, difendendosi a colpi d’ombrello dalle perfide gocce di pioggia, venute a incrinare gli animi ma costrette a incassare una sonora sconfitta. 

I prodi alpini proteggono la popolazione contro il nemico dispensando dosi di sperimentale ma salvifico liquido dai poteri divini, che traghetterà il vulgo fiducioso verso il suo roseo destino: i viaggi col pass. Sei mesi di tregua, poi, di nuovo alle armi. 

Il coprifuoco, pensato dai piani alti che tanto hanno a cuore le sorti dell’umanità, concilia il giusto raccoglimento familiare davanti all’elettrodomestico più amato: la televisione, che trasmette immagini inclusive della notte degli Oscar, dove artisti di mille etnie -alcuni nostalgici e vestiti da star, altri al passo coi tempi e quindi senza trucco e con la crescita- ricevono la statuetta sanificata ed enunciano i principi cardine del nuovo credo stilato dai nostri benefattori, i filantropi miliardari. 

Non più odio verso i colorati, i dimenticati, i pittati, ma big love e cuoricini, con piccole, infinitesimali eccezioni che non citerò per non incitare al linciaggio, atto estremo ma legittimo verso coloro che mettono a repentaglio la sicurezza pubblica uscendo dalle trincee senza elmetto.

Il nemico è crudele e colpisce a tradimento: ti secca mentre ordini il secondo al ristorante, ti tende un agguato mentre fai pilates o passeggi a mezzanotte. Si annida sulla vile moneta ma evita i bancomat, sennò sarebbe troppo facile stanarlo! Scorrazza tra i banchi di scuola e saltella in platea, risparmia le metro, le champions e l’Arizona ma solo con Biden. I migliori stratega tentano di leggerne le mosse attraverso modelli complessi, ma il nemico è sempre un passo avanti la task force.

Il popolo, fiaccato nello spirito a causa del lungo assedio, ma rinvigorito grazie al procedere lesto della campagna salvifica, intravvede la luce in fondo al tunnel. Le istituzioni si dimostrano, ancora una volta, all’altezza dell’arduo compito nonostante le flebili voci all’opposizione. Chi ancora cadrà, forse a causa di trombi sparuti, sarà ricordato come fulgido esempio di eroe che si immola in nome del liberi tutti.

L’estate è alle porte, ma si chiede al popolo l’ultimo sforzo prima del prossimo sforzo. E di quello dopo, onda su onda, variante su variante nei secoli dei secoli amen. Anzi, awomen. 

 

Una favola politically correct 3

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Nonostante la nostra principa abbia tirato le cuoia per colpa dei fitofarmaci nella melinda, il tampone decreta il contrario, perciò B.N. è costretta a vagare nel limbo e a dormire fra i trifogli. Non ode il rumore di zoccoli all’orizzonte: chi sarà mai ad addentrarsi nel bosco?

Carissimi, numerosissimi, coraggiosissimi e loquacissimi lettori, non voglio certo lasciarvi in sospeso, ma credo che i più sagaci di voi (e quanti siete, non mi bastano i quattro arti per contarvi), avranno indovinato. Sta arrivando l’eroe, il risolutore, il Draghi della situazione, il principe azzurro che con un bacio sveglierà l’eroina e la salverà dal limbo eterno per riportarla alla meravigliosa realtà che ella, come tutti noi, merita di vivere.

 Ma che sto dicendo? Ancora con la supremazia maschile che relega la figura femminile a costola servile, incapace di gestire la propria indipendenza psicologica et economica! E il principe azzurro… non si può dire né principe né azzurro, forse neppure “il”!

Qui urge estrema cautela e mastodontico uso di politically correct.

Appare un essere umano che indossa calzature olandesi e deambula in maniera autonoma, senza avvalersi di alcun sforzo equino poiché anche i cavalli meritano che vengano loro riconosciuti gli stessi diritti di qualsivoglia altra creatura vivente. Che gli zoccoli non vi traggano in inganno: l’essere umano è un fiero appartenente a categorie -un tempo vilipese ma oggi portate in palmo di mano- a vostra scelta. Ha pelle ambrata, ricci copiosi, le spalle larghe e chiappe importanti, fruttariano convinto ma dalla sessualità incerta (deciderà poi), ama lo smoking e le gonne a balze, odia l’emissione di CO2 e i sovranisti, ha due cani di nome Soros e Davos, ma oggi non li ha portati perché è ancora di turno e deve finire di consegnare pacchi Amazon.

Controlla l’indirizzo, scorge la principa e la sveglia  prendendola di spigolo con la busta che le ha tosto lanciato.

“Ecco il suo vibratore”, dice, incurante della privacy ma mantenendo la giusta distanza di sicurezza. E se ne va, lesto, zoccolando.

B.N. arrossisce, sbadiglia, raccoglie il pacco e sparisce. Per ritrovarsi nella nuova, merdosissima, realtà. In fascia rossa, per non vanificare i sacrifizi fatti fino a oggi.

Fine. Si può dire?

Liberi tutti?

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Weltanschauung Italia.

Tratto dalla loro pagina su Telegram.

Perché il popolo non si ribella? Perché assiste inerme, paralizzato, dinanzi alla feroce compressione dei suoi diritti fondamentali? Perché la maggioranza avalla tutto ciò? La risposta è tanto semplice, quanto paradossale: perché siamo “nati liberi”.
Giorgio Gaber in “Elogio della schiavitù” disse: ” Ma è chiaro: è la lotta per la libertà che fa bene. La libertà fa malissimo. A tutti.”

Siamo figli di una libertà concessa, non conquistata. Siamo il prodotto di un concetto di libertà confezionato, funzionale al dominio da parte dell’autorità. Non siamo consapevoli della nostra condizione, in passato come oggi. Ci siamo sempre sentiti “liberi” nei modelli imposti dall’alto. Prima nel consumo sfrenato, nel fare ciò che volevamo quando volevamo, oggi nel pranzo fuori in “zona gialla” e nella passeggiata, mascherati, sotto casa in “zona arancione”. Nulla è cambiato. Il recinto è ridotto, ma l’uomo continua a pascolare. La verità è che quest’ illusione ha saziato talmente tanto l’individuo moderno da renderlo incapace di scorgere le catene a cui era, ed è legato. È incapace di lottare, ed è nella battaglia per la conquista della libertà che se ne comprende il reale valore. Oggi ci si trincera dietro un falso perbenismo. La concezione di senso civico è distorta. La maggioranza ha scelto oramai la via da percorrere, forte di essere nel giusto. Tamponi e vaxxini sono gesti di altruismo, combattere per i propri diritti fondamentali è pazzia. Le chiusure sono la normalità, il diritto al lavoro un lusso per cui non vale la pena sprecarsi troppo. D’altronde se prima non sapevamo quanto “potesse far male la dittatura della stupidità”, oggi, almeno “noi”, ne siamo ben consci. E ne paghiamo le drammatiche conseguenze, sulla nostra pelle.

Una favola politically correct 2

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C’era una volta una principa che si chiamava B.N. ma il cui nome non poteva essere pronunziato perché rappresenta una discriminazione smaccata e becera nei confronti di chi vi pare, basta che la cosa vi indigni. B.N. è morta. Avvelenata da una Melinda.

L’esito del tampone, però, ribalta l’ovvio e dimostra che non esiste consequenzialità tra ingerimento boccone e interruzione del battito cardiaco, e dichiara la nostra principa ancora viva e vegeta. Sì, vegeta, poiché il movimento risulta quanto mai complesso quando il cuore non pompa, e alla povera… si può dire povera? Credo di sì, i poveri sono ben accetti, oserei dire acclamati, per far vedere che le calamità non perdonano e colpiscono gli sfortunati che non hanno i conti correnti alle Cayman o non pagano le tasse in Olanda.

Insomma, la povera principa si trova costretta a dormire un sonno comatoso che la catapulta in un mondo parallelo, pieno di fiori petalosi e prati all’inglese. Si può dire inglese? Non è pericoloso? Facciamo che sono prati lussureggianti e incolti, accarezzati dai raggi di sole e dalla brezza incontaminata. Si può dire incontaminata? Non è che rischio la pena capitale in quanto fake news che mette a rischio l’incolumità dei miei simili, incapaci di discernere il pericolo? Vabbé, in fondo si tratta di un sogno, e credo che sognare sia ancora legale. Forse. Dipende dal sogno. Non so, bisognerebbe chiedere a un esperto ma sono tutti in tv.

Arrivano sette nani.

“Chi siete?” Domanda la principa, presa dal panico alla vista del basso ma vistoso assembramento.

“Siamo i sette nani, e torniam torniam torniam da lavorar!” Esclamano in coro i nuovi arrivati, e mostrano con orgoglio i loro picconi alla principa confusa. I picconi. Non è una metafora, stolti. My gosh, qui siamo ancora all’età della pietra!

“Perché non siete mascherati?” Incalza la giovane virgulta, conscia del proprio viso nudo, cercando e non trovando tasche nella sua gonnellina in cotone ecologico da 4.000 sterline disegnata da Victoria Beckham.

“Quella è la Banda Bassotti, noi siamo i sette nani, minatori onesti che campano grazie al sudore della loro fronte!”

La principa non ha la più pallid… scusate, la più vaga idea di che cosa sia un minatore, ma non vuole passare per vuota adolescente superficiale, interessata soltanto ai video su tic toc e ai gattini, perciò annuisce con l’espressione di chi sa e continua: “E’ davvero apprezzabile che siate una squadra formata per intero da una minoranza, ma siete tutti uomini! E le quote rosa?”

Uno dei nani… ops, mi genufletto in segno di scusa, uno dei sette esseri umani, in nulla diversi da qualsiasi altro essere umano in quanto a diritti sociali, ma compiaciuto rappresentante di una diversità da ostentare con fierezza e senso d’uguaglianza, si gratta il naso e tuona con voce tenorile (si può dire, c’è scritto nel manuale del cittadino corretto con la prefazione dei Ferragnez): “Donna, dici cose senza senso.”

B.N. si erge in piedi con inusitato vigore e, dall’alto del suo metro e sessantuno: “Donna? A me? Come osi? Stai forse cercando di denigrare la mia femminilità con un linguaggio pregno di luoghi comuni e sottili allusioni offensive? Guarda che ti denuncio alla codacons, io frequento il corso da influencer e quello di kick-boxing, ho rotto con il mio ex perché era geloso del mio canale youtube e mi rubava il rossetto e considero Myley Cyrus e Lady Gaga dei fulgidi esempi per le nuove generazioni e spero tanto che si candidino alle prossime elezioni dopo che la Kamala sarà santificata per aver fatto da badante a Biden!”

“Donna, dici cose senza senso e parli troppo. Volevamo invitarti nella nostra umile dimora per mangiare con noi lo spezzatino di bufalo e bere la birra della miniera fatta con la fuliggine, ma la barriera linguistica e generazionale ci porterebbe a imbarazzanti misundersandings, perciò… sayonara. Il bigliettino con il numero del taxi è affisso all’olmo dietro di te. Ah, e per la cronaca, io mi sono laureato alla Bocconi.” E con queste dure parole, i sette minatori se ne vanno fischiettando.

La nostra principa, oltremodo offesa ma anche scoraggiata, s’accoccola fra i trifogli e borbotta tra sé e sé: “Osano pure fischiettare. T’immagini che emissione di saliva?”

Anche lo stomaco inizia a borbottare, e la povera B.N. si sente persa senza il suo HiPhone e relativa connessione, che le permetterebbe di ordinare un po’ di delivery vegana mentre registra una live per il suo canale. Viene colta da sonnolenza per digiuno, e cade addormentata, sempre fra i trifogli.

In lontananza, s’ode lo zoccolio di un cavallo. Sempre se si può dire. Non so, credo che qualcuno s’offenderà. Anche se lo zoccolo è molto politically correct. O forse non più. Chiedo a voi, lettori modello.

La fine è vicina. Della favola.