Torno subito

Miei adorati, che dire?

Potrei dirvi che sto organizzando una rapina che richiede una preparazione certosina.

Oppure potrei dirvi che non ho nessuna intenzione di diventare il cane da guardia della Queen, perciò preferisco darmi alla macchia, in attesa di trovare una nuova casa, una nuova veletta, una nuova identità.

Potrei dirvi che James si è trasferito in casa Rana, lasciandomi con le pive nel sacco e senza più una ragione di vita.

Posso dirvi che il mio chakra della comunicazione attraverso la scrittura, da un po’ di tempo, è otturato come un tombino in autunno: pieno di foglie secche, aghi di pino, cartacce con la lista della spesa, appunti con l’inchiostro antipatico.

La veletta comincia a pesarmi, ad annoiarmi; forse è ora di scendere dai tacchi e cambiare abito. Sotto il vestito? Je ne sais pas! Devo ancora arrivare all’ultima matrioska, quella che non si apre.

Vado.

E torno.

Vabbè, per ora vado. Au revoir!

 

Raoul, il miglior d.j. della Romagna, ciò!

Questo è un mio vecchio post di un mio vecchio blog di una mia vecchia vita, e lo dedico al mio vecchio (ahahahahah) amico Giò, che lui sa di cosa parlo…

Qui viene fuori tutta la mia romagnitudine, parbleu!

Oggi è un bel giorno per morire!

Il Raoul non è uomo che si tira indietro se una donna gli si struscia contro, durante una serata al Piteco o alle Cupole di Castel Bolognese. Prende su volentieri, ci fa un giro di valzer, e poi… a t’salut, saionara, gubai! Le donne lo sanno, ma non smettono di ronzargli intorno come gli sciami di moscerini nelle valli di Comacchio.

“Nessuna donna mi ha mai visto per due giorni di fila, neppure mia madre”, questa è la frase che rifila alle femmine troppo insistenti. E meno male, perché altrimenti ci sarebbe un ingorgo tale che ci vorrebbe un vigile a dirigere il traffico!

Perché il Raoul è lunare, pallido, nero. Con due occhi color muschio imperlato di bruma notturna che se ti ci scontri ti commuovi. E ti fanno cascare la mutanda anche se non vuoi. E poi ti caccia su della musica, boia d’un dio lédar, che balleresti fino a svenire in pista! Perché il Raoul è il dj migliore della Romagna, figlio di tanto padre e di tanta madre: Luana e Celso, famosi in tutta la riviera per l’omonima band di vero liscio di Romagna, ciò!

“Il mio primogenito si chiamerà Raoul”, aveva giurato Celso sul suo sax quando aveva salutato l’Orchestra Casadei per mettersi in proprio, “E succhierà latte e lisssio!” E così fu.

Ma il Raoul era spirito libero, zingaro della notte e unico proprietario di se stesso: a sei anni sapeva già suonare “Ciao, mare” con tutti gli strumenti, ma a quindici scappava dalla finestra per andare a sentire suonare il dj Mozart alla Baia di Gabicce con é Zighitòun, il cecatone, che non vedeva bene ma era maggiorenne e c’aveva la Diane.

Ora ci va lui a suonare alla Baia. E anche in balera. E al Pamela.

“Ogni musica suona la sua verità”, spiega all’Alieto con quella sua voce rauca, bassa, impastata di note, notte, alcool e baci, “Ogni donna suona una canzone, e ogni canzone compone lo spartito della vita!”

Alieto gli versa un Glen, si sporge dal bancone e, indicando la Liscbet******* che spantera al centro della pista, sussurra:  “E la Lisbect quale suona?”

Raoul butta giù tutto d’un fiato, si spara in faccia la sua espressione da schiaffi, quella da puttana e filosofo, e sentenzia: “La Lisbeth suona la mia stessa canzone…per questo è pericolosa!”

Siamo nel tardo pomeriggio. Il Raoul si sveglia e butta un occhio al poster del suo film preferito: “Il Piccolo grande uomo” col Dastin Ofman. Si piazza a gambe larghe in terrazza, nudo come mamma lo ha fatto (ed è tutta roba buona), si accende una paglia e, come ogni giorno, grida il suo credo al mondo.

Oggi è un bel giorno per morire!

PBPT: Più Balere Per Tutti!

********La Lisbeth è la mia adorata compagna di merende, che scriveva sui blogs e che ora, ahimè e ahivoi, non scrive più. Ma è sempre la mia adorata.

Ahi Settembre, mi dirai, quanti amori porterai

Miei amatissimi e trascurati (da moi) lettori, siccome sono lazy e busy, vi ripropongo una mia tirata di quelle da sopracciglio alzato e boccuccia corrucciata, perché è bello non scrivere un tube e criticare the world around come se non ci fosse un domani. Appunto. Viviamo l’attimo. Ma viviamolo, parbleu!

Ed eccoli piombare su di noi, come un’invasione di locuste, gli articoli sull’arrivo di Settembre.

Neppure il tempo di godermi i ritocchi dell’abbronzatura laddove è più periglioso (tutta la zona laterale, il collo, i sottochiappe), gustandomi un prosecchino al tramontar del sol, pronta ad aprire wordpress e trovare animi garruli e rilassati, lieti di condividere gli effetti positivi del dolce far niente, e invece…

Zac!

Settembre, tempo di bilanci. Settembre, il mio Capodanno, Settembre, per partire con il nuovo me stesso/la nuova me stessa 2.0., Settembre, che palle, l’estate sta finendo e un anno se ne va…

Mi domando: ma che tutti abbiano avuto delle vacances de mèrde, durante le quali nulla abbia minimamente alleggerito i loro spiriti grevi e mosci? E cos’è questa mania di fare bilanci: a settembre, a capodanno, il lunedì, dopo una separazione, dopo la fine dell’ammmore, dopo la fine di Grey’s anatomy, etc. etc. etc.?

Dov’è finito il buon, caro, abusato Carpe diem? Sempre a criticar se stessi per le cose sbagliate, perdonandosi le vere mancanze, e sempre, sempre a lamentarsi, vivaddio! Porgo le mie lamentele a chi si lamenta, voilà!

Ora posto, moi aussi, il mio articolo su Settembre. Svolgimento: miei cari, oggi è il 6 settembre. E c’è il sole.

E anche se piovesse…un filo di trucco, un filo di tacco, uno champagnino. Ça, c’est tout!