Eva

C’era poi questa stanza di plastica che indossavi come un apicoltore che maneggia un favo; Eva si abbarbicò con meccanica goffaggine a una vecchietta  dalla vestaglia consumata ai gomiti, tanto che la povera sessantenne, piuttosto che avvertire amore empatico, percepì un brivido gelato in tutto il corpo e restò secca, sul posto, già avvoltolata nell’involucro trasparente. Eva fu allontanata da quattro energumeni tutti uguali, col bicipite sviluppato e gli occhi vicini vicini, in camice rosa e zatteroni ai piedi. 

Altri cinque anni, e la vecchietta sarebbe comunque morta. Da alcuni decenni, gli esseri umani non superavano la soglia dei sessantacinque, a esclusione dei ricchi. I molto ricchi. Quelli, sembravano vivere per sempre. Ma Eva non faceva parte di nessuna delle due categorie, perciò archiviò l’esperienza appena vissuta nella cartella degli esperimenti non riusciti. E anche nella cartella di quelli riusciti. 

Da alcuni decenni, i popoli avevano smesso, grazie alla spinta gentile dei governanti eletti attraverso democratici voti digitali, di vedere nella vecchiaia un traguardo degno di nota, dove godersi, salute permettendo, i frutti dell’esperienza e del duro lavoro. L’esperienza era condivisa da tutti, il lavoro non era poi così duro, si guadagnava il giusto e si spendeva tutto. Non si possedeva nulla e, quando giungeva la propria ora, ci si spegneva come una pila scarica.

Anche le nascite: all’inizio, ci si stupì del brusco calo; dopo qualche tempo, il numero si stabilizzò al ribasso con precisa costanza, e nessuno ci fece più caso.  Successe ovunque, in maniera matematica verrebbe da dire, ma quasi nessuno si prese la briga di approfondire. Qualcuno indagò, ma poi cambiò idea oppure morì. Il destino, a volte, decide per noi con accurata puntualità. 

Tutto era cambiato con un poderoso e alquanto improvviso giro di vite, trasformando la letteratura passata in fantascienza e, cosa strana, alla gente la fantascienza non piaceva più e aveva smesso di leggere. Nelle case non si percepiva più il profumo della carta stampata, le biblioteche erano luoghi di memorabilia come il museo delle cere o della tortura, tipici dei luoghi turistici ma con meno avventori.

Eva espose il viso al sole, schermato da decenni per contrastare il riscaldamento globale, ricaricò le batterie e si preparò a incontrare la sua compagna di vita, la sorella, l’amica. Il suo alter-ego.

Stette immobile a osservarne la figura sempre più nitida a mano a mano che si avvicinava e, quando ormai era a portata di voce, la salutò, all’unisono con l’altra.

“Ciao, Eva.”

“Ciao, Eva.”

Fine prima parte. 

Dedicata a un bravo medico che non c’è più.

 

Goodbye, freni inibitori

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Da Weltanschauung Italia

Nonostante decenni di lessico politicamente corretto, giornate della memoria e pubblicità progresso per il superamento di pregiudizi e discriminazioni, nonostante eventi benefici, campagne di sensibilizzazione contro ogni forma di odio, iniziative a favore di qualsiasi minoranza e produzioni dell’industria culturale nelle quali l’inclusività e il rispetto delle differenze vengono ripetute fino allo sfinimento, le pulsioni più basse della massa non sono state certamente eliminate ma soltanto compresse e represse.

Nascoste e acquattate nei sotterranei dell’anima e nel privato, sono rimaste in attesa di tornare fuori con un balzo accumulando voracità e intensità.

Il bisogno di un bersaglio da accusare e su cui sfogare le proprie frustrazioni emotive, materiali ed esistenziali, la necessità di individuare un capro espiatorio, il desiderio di sentirsi migliori e superiori a qualcun altro, la brama di godere di privilegi, hanno sempre fatto parte del funzionamento psichico dell’uomo contemporaneo ma non era opportuno esplicitarli pubblicamente se non si voleva incappare nel biasimo collettivo e in varie accuse preconfezionate.

Con le paventate restrizioni mirate esclusivamente ai non benedetti dal magico siero che tutto può, il potere ha finalmente fornito alla neo plebe contemporanea una categoria da poter discriminare, ghettizzare, sbeffeggiare, evitare, disprezzare, perseguitare, criticare, condannare e detestare senza più sensi di colpa o vergogna.

I sentimenti più biechi, tenuti ipocritamente al guinzaglio dalla propaganda buonista e zuccherosa, possono ora essere lasciati correre a briglia sciolta alla luce del sole, addirittura giustificati e incentivati da una patina di nobili intenti solidali e civici.

Il non benedetto, reo di non aderire ciecamente alla nuova parareligione scientista, di dubitare del clero cultural-mediatico e di lesa maestà nei confronti degli esperti titolati, irresponsabile nel suo affidarsi al proprio sistema immunitario e nella sua testarda ostinazione a disporre del proprio corpo, è il feticcio perfetto sventolato dalle élite per scatenare un aperto conflitto orizzontale all’interno delle masse di subordinati.

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