La Pantera Rosa, la Regina e Mrs. White 8

Miei adorati, non crediate che la vostra Missis sia sparita di nuovo e forever! Ogni tanto devo darmi alla macchia, per confondere le acque e far perdere le tracce, ma eccomi di nuovo qui, pimpante e pronta all’azione!

Breve riassunto: andai e tornai. Intanto, la queen mi vuole come personal spy (butler included) mentre il fellone, la cosacca e l’americana osservano sull’attenti. My gosh, che fare?

*********

Sua maestà mi concede un sorriso a tutta dentiera, sfrontato e vittorioso, a siglare una certezza che non ha bisogno di conferme.

Serro la mandibola, chiudo gli occhi e inspiro una lunga boccata d’aria; la lascio scivolare dalle labbra con lentezza, poco per volta, sperando di trovare la mia risposta, la scappatoia per restare a mani libere, senza manette dorate. Raccolgo i cocci della padronanza di me, conto in silenzio fino a dieci e, con voce ferma e professionale, domando: “La mia prima missione?”

La regina si butta contro lo schienale battendo le manine e trilla: “Splendido, mia cara, splendido!” Ruota il capo di un grado, in direzione della porta, e conclude: “Tea?”

Entra un corteo di camerieri che, silenziosi e precisi come mimi, apparecchiano un sontuoso buffet con tanto di argenteria. La diabolica Elisabetta prende la sua tazza e io prendo la mia. Beviamo entrambe un sorso senza smettere di guardarci negli occhi. Il silenzio gravita nella stanza, riempendola. Finiamo di bere. La regina si premia con un cookie.

Si alza, mi alzo. Mi volta le spalle, accenna un gesto di saluto senza girarsi, esce dal salottino. Resto in piedi, ancora con la tazza in mano. Una solerte cameriera me la sfila e la deposita sul vassoio. Il tavolo viene sparecchiato in un millisecondo, senza che un suono vada a disturbare i pensieri dei presenti. Il corteo si ritira in fila indiana. Restiamo noi e l’automa in giacca e cravatta.

Che parte in quarta: schiaccia un invisibile pulsante sulla parete arabescata, e uno schermo di dimensioni priapiche scende dal soffitto. Lo schermo si accende. Un titolone appare a tutto campo:

-THE ROYAL WEDDING-

Per magia, Mr. Smith ha estrapolato un trespolo e un computer portatile. Alza il ditino indice, lo pigia sulla tastiera e ferma il filmato.

Pausa drammatica. Sguardo che sale dal computer ai nostri visi. Schiarita di voce: “La vostra missione. Proteggere la regina durante il matrimonio del principe Harry”.

Cerco un’impossibile posizione comoda sulla poltrona e commento: “Si era parlato di spie, non di guardie del corpo”.

Il robottino di nero vestito accenna un ghigno da professore saputello, ma rientra nei ranghi e, con la maestria di un attore kabuki, torna a essere maschera: “La nostra Intelligence ci ha informato che un sicario tenterà di colpire il cuore del Regno Unito durante la cerimonia.Voi dovrete individuarlo, renderlo inoffensivo e consegnarlo a noi.” Mi fissa, inespessivo: “Naturalmente, nessuno dei presenti dovrà avere il benché minimo sentore del pericolo!”

Il video riparte: date, orari, percorsi, nomi degli invitati. Tutti i dettagli riguardanti l’evento.

Mi accorgo che le tre Grazie, Wanda, Olena e Jonathan, sono vigili e attenti a ogni soffio di vento, intenti ad assorbire informazioni per poi sputare la strategia migliore per l’occasione. Intuisco che siano, anche loro, all’oscuro dei dettagli.  Ma che siano spie al soldo della famiglia reale, no doubt. La cosa mi irrita quanto un bourbon al posto di un Talisker, perciò permetto che l’emozione fluisca nel mio corpo e produca l’adrenalina necessaria ad aumentare i miei tempi di reazione.

All’improvviso, mi sento calma. Sono lucida, con tutti i sensi all’erta.

Un nuovo salto nel vuoto, nuovi pericoli da affrontare, la mia esistenza, ancora una volta, in odore di scadenza.

Il cuore accelera i battiti. Mi viene la pelle d’oca.

Dio, quanto è bello vivere!

 

Ancora due puntate, babies, come on!!!!

 

La Pantera Rosa, la Regina e Mrs. White 7

Riassunto lampo: tutti mi gabbano, e io mi ritrovo in un salottino con fellone, stangona russa e Wanda alle spalle, mentre la più illustre britannica del pianeta mi guarda dall’alto della sua poltrona di velluto bordeaux. Di chi parlo? Ma della regina in persona, of course! Che mi propone una lieviiiiiissima variazione sul mio contratto di lavoro con la famiglia reale…

Sorpresa, soggiogata, intrappolata, mi siedo sulla poltrona che la regina mi ha indicato con un breve cenno della mano inanellata. I tre porcellini: Wanda, Olena e Jonathan, restano sull’attenti come soldatini lego, con lo sguardo serio e solenne. Persino la siberiana è composta, e questa attitudine si scontra con la mise chiassosa da lei scelta per l’occasione. Nel breve attimo di silenzio che segue, durante il quale cerco di raccogliere le idee, mi viene da chiedermi che cosa indosserebbe per una serata informale in discoteca. Forse farebbe un’entrata a cavallo, vestita solo dei suoi capelli. Lady Godiva e vodka. Na zdorovye! Mio malgrado, sorrido.

Queen Elizabeth scannerizza le mie labbra con occhio attento, poi solleva il capo di un millimetro. Da un invisibile buco nero, collocato dietro la regal poltrona, si materializza un man in black, occhiali compresi: non muove un muscolo, battendo ogni record di immobilità che mai umano abbia osato assumere. Un ologramma? Un androide? O questa mattina James mi ha servito tè al pejote? Confusa, mi fingo padrona della situazione, ma sento di avere l’espressione della mucca che guarda il treno.

La regina manda un messaggio telepatico al suo tirapiedi che, come una bambola cui hai tirato la cordicella dietro la schiena, inizia a parlare con tono monocorde: “Lady Stephanie Rose Aldridge White, Lei ha firmato un contratto sotto falso nome, ha prodotto un documento d’identità falso e si è introdotta a Buckingham Palace sotto mentite spoglie…”

Il mio corpo si irrigidisce; controllo le vie d’uscita a disposizione e valuto le mie possibilità di fuga: 0, 00000001%. L’uno è per bellezza, ma è un falso positivo. Falso pure lui, insomma. E di positivo, ovviamente, nulla. Nothing. Rien de rien. Merde!

L’automa di nero vestito continua con impietosa precisione: “… il suo vero scopo è appropriarsi indebitamente della Pantera Rosa, diamante di inestimabile valore e proprietà della famiglia reale…”

La regina alza il braccio con un gesto gentile, quasi volesse salutare la folla, e interrompe il suo sottoposto: “Mia cara, non credo di usare un eufemismo dicendo che lei è nella m…”

Per la prima volta, l’automa ha una reazione umana e si scompone: la sua mascella produce un suono secco e la vena della tempia sinistra sembra pompare sdegno; con invidiabile tempismo si sovrappone all’accenno di turpiloquio a sangue blu e sovrascrive: “Lei è nella mistificazione più assoluta ed è, pertanto, una minaccia per la nostra regina, una minaccia per la nostra patria…”

La suddetta regina rotea gli occhi con annoiata noncuranza e zittisce lo zelante essere: “Shut the front door, Smith! Mia cara, qui sta rischiando di essere accusata di alto tradimento, capisce? Mica nespole, perdinci!”

Le maglie della rete che mi sta intrappolando sono ormai strette intorno al mio collo; la mente elabora i dati in modo convulso, alla ricerca di un’informazione che possa permettermi di alzarmi e uscire dall’incubo. Da brava giocatrice d’azzardo, so che non posso più barare: hanno scoperto tutti i miei assi,  e in mano ho soltanto un colore mancato. Picche.

L’uomo in nero si schiarisce la voce e s’appresta ad assestarmi il colpo di grazia: “L’accusa di alto tradimento comporta l’incriminazione senza processo e la carcerazione immediata, confiscamento dei beni e indagini a tappeto sui familiari et affini, nonché inserimento nella black list di chiunque abbia e abbia avuto contatti con la sua persona…”

Sua maestà mi lancia un’occhiata piena di brio, come se se la stesse godendo un mondo: “Tagliamo corto, mia cara”, pausa da attrice consumata, brio che diventa greve autorità: “Da questo momento tu sei di mia proprietà, e non ci sono santi!

Mi sembra di sentire la lama del boia accarezzarmi la nuca. Con la coda dell’occhio incrocio lo sguardo di Jonathan e ricevo l’ennesima sorpresa: è grigio di tristezza, privo di ogni luce.

Sto per fare ricorso a tutto il mio orgoglio di donna e di ladra, raschiando il fondo delle mie risorse alla ricerca delle parole giuste per non precipitare ancor più nella vergogna, ma sua maestà ha deciso di annientarmi, e pretende l’ultima parola.

“Che ne diresti di diventare un agente segreto, mia cara?”

Resto a bocca spalancata e occhi sgranati. Un pensiero mi sgorga spontaneo come acqua surgiva: “Questa donna diabolica dovrebbe scrivere dei libri!”

Sua maestà mi regala un sorriso soave, getta un’occhiata bonaria ai tre soldatini alle mie spalle e conclude, eliminando qualsiasi condizionale: “Farai parte della mia piccola squadra segreta, mia cara, e voglio anche il tuo maggiordomo!”

Miei adorati, mi par di sentire un paio di manette d’argento che stringono i miei polsi di ladra. E un ladro è come un pirata: prendigli tutto, ma non la sua libertà! A la prochaine!

La Pantera Rosa, la Regina e Mrs. White 6

Sii gloriosa, nostra Patria libera,
Unione eterna di popoli fratelli,
Saggezza ereditata dai nostri antenati!
Sii gloriosa, patria, siamo orgogliosi per te!
-Inno della Federazione russa-

Brevissimo riassunto: sono a Buckingham Palace, pronta a rubare la Pantera Rosa, e chi ti incontro? Il fellone e traditore Jonathan insieme a Olena, stangona russa e arida come le steppe sconfinate della Siberia. Che altro aggiungere? Rien de rien: leggete e soffrite avec moi!

*****

Amici miei adorati, è inutile negare che l’inaspettata visione di Jonathan, tirato a lucido e con faccia impunita, accanto alla sventolona russa, algida e svettante, mi crea nocumento, molto nocumento. Mi servirebbero tosto un paio di coltelli e un paio di tacchi. Anche una bella frase d’effetto sarebbe utile, ma nella mia testa le parole giocano a nascondino, e io resto muta, con le spalle al muro.

“Tu volere Pantera Ruosa, vero?” La panterona cosacca attacca per prima e mi procura una ferita grave.

Jonathan il fellone mi spara un ghignetto fastidioso quanto il prurito alla schiena quando hai le mani occupate, e mi finisce: “Da sola non ce la potrai fare, pet!”

Ah, destino infingardo! Sono una ladra e non sono una santa, ma proprio in questo frangente devi usare la carta del karma e farmi pagare il fio con il traditore e la sua compare siberiana, strafottente quanto lui? Sei un destino avverso, ingrato, vendicativo. Stronzo, ecco!

Stringo i pugni fino a conficcarmi le unghie nella carne e scosto il ciuffo ribelle dalla fronte con un gesto secco del capo; sollevo il mento e pianto le iridi indignate dentro le iridi di Jonathan. Sono azzurre, chiarissime ma, quando immergo lo sguardo, raccolgono il cupo grigio dei suoi fondali misteriosi, che neppure io conosco.

Finalmente scovo le parole; attingo gocce di coraggio dai miei anni di esperienza in situazioni pericolose (vedi alla voce: guardie e ladri), e mi sorprendo calma, presente, ma con i sensi vigili, pronti a indicarmi la via di fuga più vicina: “Mi costringi a giocare a un gioco di cui non conosco le regole, mentre io non vorrei neppure sedermi al tuo stesso tavolo…” Vedo le pupille di Jonathan che si restringono, assestandosi alla nuova fonte di luce.

Getto un’occhiata lesta alla mia sinistra sperando di scorgere Wanda, ma so che si è piazzata vicino all’ingresso principale, per tener d’occhio chi entra e chi esce, soprattutto se in completo nero e con auricolare all’orecchio.

Olena si stacca dal braccio del fellone e controlla il cronometro futuristico che porta al polso: “Tempo passa veluoce, donna: dobbiamo entrare!”

Non so se mi irrita di più sentirmi dare ordini da una sconosciuta che potrebbe tranquillamente sfilare sulla passerella di Victoria’s secret o essere chiamata “donna” dalla suddetta; schiaffo il muso sotto il suo mento e sibilo: “Назовите меня миледи, женщина! (Chiamami milady, donna! )”

Il viso della stanga russa si disgela in un sorriso al sapor di stricnina; si mette sull’attenti con fare teatrale, schiocca la lingua e cantilena: “да… mi.la.dy…”

L’atmosfera si fa elettrica: scintille, fulmini e saette scaturiscono in maniera spontanea sulla nostra testa, rischiando di creare uno tsunami emotivo che potrebbe compromettere l’esito della missione e, forse, innescare una guerra tra potenze.

Jonathan, lesto di mano e di cervello, si appropinqua in modo sconsiderato alla mia persona; è entrato in modalità ladro internazionale, e la sua espressione è implacabile. Ha smesso di sorridere e si prepara al placcaggio: “Tutto questo ha un senso, Faf, credimi! Segui il tuo istinto: segui me!”

E mi prende per mano.

Mi lascio guidare come fossi in un sogno, ma per pochi secondi. Mi blocco, sbattendo contro il petto senza battito di Olena, e mi divincolo dalla mano di Jonathan: “Perché devo crederti? Chi sei? Che vuoi?”

Mi giro verso la donna alle mie spalle e la fronteggio, in chiara disparità d’altezza e non solo: “E chi sei tu? Che ci fai qui? Che ne sai? Che ne sai?”

Sto perdendo il controllo. Sono una femmina isterica che ha scoperto il suo uomo con l’amante nel talamo coniugale. Sono la professionista gabbata che sa di essere stata tradita dal suo braccio destro. Sono un corpo che ha perso un arto. Un sacco vuoto. Un fiume in piena.

Olena estrae da non so dove (forse uno stivale) il suo cellulare; compone un numero, attende pochi secondi poi ordina: “Finuocchietto, tu parla con milady, da?”

Mi avvicina il cellulare all’orecchio. Dall’altra parte, la voce più flemmatica del Regno Unito riesce a scuotermi più del tradimento del fellone: “Milady? Sono James… la prego di ascoltarmi con attenzione: conosco Olena e mi permetto di garantire per lei. Si fidi di me, o non sarò più degno di essere il suo maggiordomo!”

L’ultima affermazione ha il potere di scatenarmi un terremoto sotterraneo. James è il mio punto fermo, l’emblema della lealtà a tutto tondo, una figura paterna. Ma non ho tempo di interrogarmi: Jonathan mi fa un cenno col capo che mi spinge ad affrettarmi, a seguirlo, a non mettere in dubbio la nostra assurda collaborazione a tre. A dopo le spiegazioni, a dopo i confronti!

Ci muoviamo in silenzio, attenti a ogni segnale di presenze inopportune. Jonathan conosce la strada verso la cassaforte reale. Olena è accanto a me, agile nonostante l’abbigliamento non propriamente da addetta ai lavori.

Superiamo un corridoio, un altro,  e ci addentriamo nelle sale private del palazzo. Scendiamo una rampa infinita di scale, e ci fermiamo davanti alla cella di sicurezza che ci separa dalla Pantera Rosa. Una porticina si apre sulla parete opposta.

E Wanda appare.

Seria, tesa. Si scosta dall’ingresso, e io intravedo uno scorcio di intimo salottino. Un angolo di tappeto persiano, le gambe intarsiate di un tavolino, le gambe graziosamente composte di una donna seduta in poltrona.

La porta si spalanca.

Sulla poltrona, con un sorriso bonario e le braccia abbandonate sui braccioli, lei.

Lei.

La regina.

In carne e ossa.

Mi osserva, continuando a sorridere, e mi dice. “Niente cerimoniali, mia cara”, mostra con la mano la poltrona che ha di fronte e conclude: “Si sieda e mi ascolti. Vorrei cambiare i termini del suo contratto di lavoro!”

Ditemi voi se questo non è barare! Qui tutti barano, e io sono l’unica senza assi nella manica… Che cosa vorrà Queen Elizabeth dalla sottoscritta? Restate sintonizzati su questo canale: la vostra ladra preferita non vi deluderà!

La Pantera Rosa, la Regina e Mrs. White 5

Puntate precedenti: la Pantera rosa, diamante di rara bellezza, fu rubata dai miei genitori, poi, all’insaputa di tutti (eccetto zio Alistair), ci è stata estorta da Jonathan il fellone. Ora, è nei forzieri di Buckingham Palace, coi sentiti ringraziamenti di queen Elizabeth, che sembra sapere tutto di me e della mia famiglia. Che faccio? Mi dispero per il tradimento del fellone o passo al contrattacco e sfido la Regina? Mi basta una cioccolata calda preparata da James per tornare nel posto che mi appartiene: al centro del palcoscenico!

******

Miei splendidi lettori, ecco un piccolo consiglio di beauté: non esiste tristezza che un buon correttore per occhi non possa nascondere. Mentre cancello le ultime tracce di lacrime con un tocco di Clinique, cerco di concentrarmi sul piano di battaglia; la faccia da schiaffi di Jonathan balena nella mia mente con fastidiosa frequenza, ma la mia determinazione ha la meglio e mette al tappeto l’immagine con la stessa violenza di un pugno contro lo specchio, mandando in frantumi lo scorno.

Wanda e Archie si sono uniti a me con entusiasmo nella mia trasferta a Londra, e mi stanno aiutando a prepararmi per la parte più importante della mia carriera: entrare nell’entourage di Buckingham Palace.

La casa reale cerca un assistente: un «communications assistant». Ovvero, detta in altri termini, chi passerà la prova entrerà per un anno nel team degli uffici «Royal Communications», che, come spiegano, mira a promuovere «il lavoro, il ruolo, la pertinenza e il valore della famiglia reale in un pubblico mondiale». La persona scelta dovrà scrivere articoli, post sui social media e annunci stampa, raccontando quello che succede alla famiglia reale. E non solo: sarà suo compito anche quello di organizzare la copertura degli impegni del palazzo, incluse le investiture e le feste in giardino.

Archie ha buttato giù il mio curriculum stellato a prova di google, e Wanda si è occupata dei miei documenti; credo abbia un cugino che è cintura nera di passaporti falsi, perciò non mi prendo neppure il disturbo di controllare i dettagli.

Abiti castigati, trucco leggero, giro di perle, et voilà, eccomi pronta per il colloquio di lavoro che mi garantirà l’accesso nelle stanze della royal family!

James si occupa degli ultimi particolari: “Milady”, esordisce con la sua voce priva di inflessioni, e intanto sceglie il foulard in toni pastello da abbinare al tailleur rigoroso che indosso senza gioia: “L’addetto al personale di Buckingham Palace ha studiato presso la mia scuola*; resto sempre in contatto con i miei allievi e ho già provveduto a fargli una telefonata di cortesia. “

Gli lancio un’occhiata beffarda: “Non ti fidi delle mie capacità professionali, James?”

Mi passa la borsa, in tinta con le scarpe dal tacco medio (not my style, if you know what I mean), e inarca di un millimetro il sopracciglio sinistro. “Milady potrebbe aspirare al trono, se lo desiderasse, ma ho pensato che non ci fosse nulla di male nell’assicurarsi un alleato in territorio nemico”.

Non voglio tediarvi con i particolari del colloquio. Vi dico soltanto che sono ufficialmente membro del team “Royal communications”, e che il mio primo incarico riguarda la copertura mediatica di una festa in giardino in onore della Female Hats Confraternity. Interverranno ospiti di 32 diverse nazionalità, comprese Kiribati, Lesotho e repubblica di San Marino. Una cosetta da niente, se non fosse che mi sarà permesso di partecipare all’evento.

Membro della Confraternita dei cappellini

E, mentre tutti saranno impegnati a sorbire il loro tea e a conversare con i reali consorti, la sottoscritta potrà occuparsi della Pantera Rosa, con il beneplacito (e gli schemi) di zio Alistair, pregiato ideatore del sistema d’allarme a Buckingham Palace.

Non c’è niente di più inglese dei prati inglesi all’inglese! The garden party si svolge sull’immensa distesa verde che si presenta con britannica grazia oltre i cancelli dorati del palazzo. Tra le centinaia di ospiti, anche Wanda, nel ruolo di sentinella e rinforzo. Nonostante la vistosa gravidanza, ha preteso di vestirsi di bianco. Non si può discutere di dress code con un’americana…

Nella noiosa sobrietà del mio completo pantalone nero, memorizzo tutte le informazioni necessarie a scegliere il momento opportuno per allontanarmi dalla folla e penetrare nei corridori off-limits dell’edificio. Sto per defilarmi attraverso un cortile laterale, quando vedo un uomo e una donna, entrambi di altezza considerevole, avvicinarsi nella mia direzione. Sono ancora distanti, ma mi basta un’occhiata per riconoscere l’uomo e sentire le gambe tremare, mentre il cuore si mette a suonare in pompa l’inno nazionale.

L’ultima persona che avrei voluto incontrare è qui, davanti a me, elegante e sorridente, con lo sguardo irriverente e divertito, quasi avessimo un appuntamento per fare bisboccia sino all’alba.

Jonathan!

“Buon pomeriggio, mia cara”, mi dice con quella sua dannata voce che mi scombussola le viscere, disinvolto come se ci fossimo salutati il giorno prima con un bacio: “Permettimi di presentarti la mia compagna!”

Cerco di mantenere la calma, il controllo, la padronanza di me, ma sento prorompere la rabbia sanguigna da melodramma napoletano. Vorrei rubare una spada d’ordinanza a una delle guardie reali e piantarla nello stomaco del farabutto che sta continuando a fissarmi con il candore di un bimbo nel giorno di Natale.

Imperterrito, quasi deliziato, indica la donna abbarbicata al suo braccio. Una sventola di due metri, biondissima, atletica, vestita con un miniabito lucido color ramarro, improponibile su qualsiasi altro essere umano a parte lei. Una tiara grande quanto il Cremlino troneggia sul suo fiero capo, portando la sua altezza a due metri e mezzo. Occhi di ghiaccio, pelle color della neve e sorriso siberiano, cioè inesistente. Nisba. Niet.

Quando apre bocca, vengo accecata dal bianco dei suoi denti perfetti, mentre la sua voce, dura come una sferzata di Burian, mi raggela il sangue: “Muolto piaciiere, io amica di Juonathan. Mio nuome è Olena**“.

E ditemi voi se questo non è un coup de théâtre! Che cosa sta tramando Jonathan il fellone? Chi è veramente Jonathan? E che ci fa a Buckingham con Olena, la strabonazza russa? E pourquoi, più della sorpresa, mi parte la gelosia? Alla prossima puntata, miei cari!

*La scuola è la Butler Academy, che prepara i migliori maggiordomi di tutto l’universo conosciuto e anche non.

 **Olena è la strepitosa protagonista dei racconti dello statuario Giò (sorry, Giò, non ho resistito). Se ancora non li conoscete, andate tosto a leggere: non ve ne pentirete!

La Pantera Rosa, la Regina e Mrs. White 4

Something Don’t Feel Right
Because It Ain’t Right
Especially Comin’ Up After Midnight
I Smell Your Secret, And I’m Not Too Perfect
To Ever Feel This Worthless

Beyoncé – Hold up

Breve riassuntino: Jonathan, il miglior scassinatore del mondo e love of my life, è un traditore e io soffro. Fine riassuntino.

Lo so, lo so, miei cari, che nel mio lavoro il tempismo è tutto: quando l’obiettivo è stato individuato e si è deciso il modus operandi, bisogna agire seguendo una rigida tabella dalla quale non si può sgarrare. Se la Pantera Rosa è la mia preda, introdursi a Buckingham Palace usando lo stratagemma del colloquio di lavoro sembra essere il modus operandi ideale, ma il tempo stringe.

Eppure, nonostante io sia una ladra professionista con anni di onorata carriera, la notizia del tradimento di Jonathan è un incendio doloso che divampa e manda in cenere tutti i miei pensieri. Lo confesso: ho il cuore spezzato, dilaniato, frantumato come un bicchiere del più fragile cristallo.

“Vorrei stare da sola…” sussurro mentre trattengo le lacrime, e faccio un’uscita degna della più navigata diva del muto, a testa alta e con la mano appoggiata sulla fronte, in un mesto fruscio di gonne. Wanda e Archie seguono sgomenti la mia figura che si muove quasi senza toccare terra e James, solerte e repentino, anticipa i miei gesti e apre la porta al mio passaggio. Un breve scambio d’occhiate tra di noi, e tutto è detto.

Seguono ore di strazio.

Il pensiero ossessivo si focalizza su un solo elemento, rendendo la mente più acuta, come un proiettile che penetra il centro perfetto di un organo vitale. L’immagine di Jonathan, ripresa dalla telecamera nascosta di zio Alistair, è il proiettile piantato nel mio cervello e scava, scava, battendo contro le tempie nel tentativo di trovare la combinazione che mi farà uscire di testa. Piango in modo scomposto, rumoroso, e scopro che le lacrime fanno male quando, scorrendo lungo le guance, si fermano sul mento, indecise, prima di cadere nel vuoto. E sono fredde, gelide. Mentre il mio corpo è in combustione spontanea. Dolore. Rabbia. Attacchi di panico. Mi arrampico sugli specchi per trovare una ragione, poi scivolo nel sottoscala alla bocca dello stomaco, là, dove ci sono solo paure impolverate e il buio dell’abbandono.

Nascosto nel punto cieco della mia fiducia mi freddò, passando parte a parte…

Il cellulare, come me, è a terra, in fin di vita dopo essere stato scagliato contro la parete per impedire a me stessa di chiamare, urlare, supplicare spiegazioni nell’illusione di una risposta che sia ancora una dichiarazione d’amore e, alla fine, perdere ogni dignità. Non mangio, non dormo, mi dondolo in un angolo, seduta sulle ginocchia, restando nella penombra, come se gli occhi di quell’uomo potessero scandagliare la profondità delle mia debolezza per sferrare il colpo letale.

Dopo due giorni, sento bussare alla porta. James entra senza aspettare il mio permesso, misurando i confini del mio spazio vitale. Mi scorge acciambellata sul tappeto e so che, senza bisogno di guardarlo, mi sta sorridendo. Ritorno adolescente, sola nella mia cameretta, i genitori lontani a rubarsi l’ennesimo Eldorado. James entrava in silenzio, dopo avermi concesso qualche ora di lamento alla luna, e decretava la fine della segregazione con un semplice gesto, un’azione che era un segnale segreto tra noi due. Una tazza di cioccolata bollente, appoggiata sul comodino, e un sorriso. Sento la porta che si richiude, e sono di nuovo sola. Non ho bisogno di alzare lo sguardo, mi basta percepire il profumo rassicurante del cioccolato. Inspiro con voluttà, commossa e determinata.

E’ ora di entrare in azione.

Niente come una densa e bollente cioccolata in tazza può spingere una donna in lacrime a ritornare in sella e partire al contrattacco. State all’occhio: la sottoscritta, anche con la morte nel cuore, è pronta a dichiarare guerra alla regina (e non solo)!

La Pantera Rosa, la Regina e Mrs. White 3

Eccovi il solito riassuntino delle puntate precedenti: i miei amici Wanda e Archie vogliono che io rubi la Pantera rosa, prezioso diamante che fu già bottino dei miei genitori ma che fu trafugato dal nostro maniero in circostanze che restano ancora misteriose. Un giorno, la Pantera appare in tv, e nientepopodimeno che tra i tesori personali della Regina! Noi family abbiamo un frisson: a Buckingham Palace sanno tutto di noi e vogliono che sappiamo che loro sanno!

*******

Miei cari, niente m’indispettisce quanto non avere mano libera nelle mie scelte professionali: sono una donna che detesta i calendari con gli appuntamenti segnati a penna, le agende senza giorni di vacanza e le scadenze di fine mese. Rubo quando voglio, senza timbrare cartellini, parbleu!

Soprattutto, sono io a decidere la caratura dei miei progetti, seguendo il mio istinto di ladra: colpo di fulmine, no blind dates. E il mio istinto di ladra, in questa storia di regine, furti in conto terzi e felini luccicanti, pizzica più di quello di Peter Parker in calzamaglia.

Archie, affidabile avvocato e marito premuroso di Wanda, finalmente prende la parola, buttando sul piatto tutta la posta in gioco: “Sei davvero sicura di non voler dare scacco matto alla regina, Fafì?”

Wanda guarda il marito con occhi stellati, e io mi mordo il labbro, mentre oscillo tra il disappunto di essere un libro aperto e la curiosità di divorarmi tutto il capitolo: “My friend, abbiamo due assi nella manica”, riprende lei con baldanza: “E questo è il primo!”

Così dicendo, mi porge il cellulare su cui campeggia il seguente annuncio: “La famiglia reale sta assumendo un nuovo assistente: siete interessati?”

La sede di lavoro è Buckingham Palace (poteva andare peggio!), ma si richiede la disponibilità a viaggiare per seguire i tanti impegni di tutta la famiglia. «Sia che si tratti di una visita di Stato, di una cerimonia di premiazione o di un fidanzamento reale, ci si assicurerà», scrivono dalla Royal Family, «che le nostre comunicazioni suscitino sempre interesse e raggiungano una vasta gamma di pubblico».

Leggo l’articolo con poca convinzione, pronta a far sentire il poderoso scricchiolio del guscio di noce sul quale vogliono farmi imbarcare: “Splendido! Devo soltanto travestirmi, ottenere il lavoro, individuare il luogo in cui la Pantera è custodita, sbaragliare la sicurezza, forzare il sistema d’allarme, e andarmene senza dare neanche la settimana di preavviso… piece of cake, n’est-ce pas?”

Wanda incalza, stringendo i pugnetti come un infante che vuole tirare la coda al gatto: “Non essere modesta, Fafy! Sei riuscita a mettere in buca un paio di miliardari, un maragià, quel presidente dittatore, e nessuno ha mai scoperto la tua vera identità…”

“… a differenza di Buckingham Palace, che non aspetta altro che di vedermi comparire nelle sue stanze”, la interrompo io, e la voce mi si spezza in un fastidioso falsetto.

Ed eccolo, il sorriso trionfale di Wanda! Si allarga sul suo viso come una tovaglia fiorita fresca di bucato, trapassandomi il cuore; accarezzandosi il ventre rotondo, riprende esultante: “Non vuoi che ti mostri l’altro asso nascosto nella manica?”

“Sono tutta orecchie!” Dico io.

“Vuoi sapere chi ha ideato il sistema d’allarme a Buckingham Palace?”

Un sospetto si fa strada nella mia mente già provata dalle troppe sollecitazioni; quando Wanda pronuncia il nome, so già che sto per imboccare una strada senza ritorno, una traversata senza zattera, un volo senza paracadute (e mi fermo qui perché a corto di figure retoriche).

“Il sistema d’allarme è stato progettato da tuo zio Alistair, darling!”

Mi fremono le froge come una puledrina imbizzarrita; zio Alistair è la pecora nera della famiglia da parte di daddy: ha messo a punto impenetrabili sistemi d’allarme a prova di ladro solo per il gusto di oltrepassare le proprie conoscenze scientifiche. In barba alla professione della nostra stirpe, tramandata da generazioni, se ne sta inchiavardato nel suo studio avveniristico (tranne qualche capatina in crociera a scopo matrimoniale) a brevettare nuovi marchingegni elettronici atti a metterci in difficoltà.

Ma daddy lo adora, perciò nessuno può mettere becco. L’adorazione è ricambiata: lo zietto ha creato il sistema d’allarme nel maniero che nasconde i nostri tesori. Sistema non infallibile, visto che qualcuno è riuscito a prendersi la Pantera, facendosi beffa di tutti noi! Una pagina nera della nostra storia, che nessuno di noi ha ancora digerito.

James, la mano guantata di bianco, mi porge un cellulare usa e getta: “Mi sono permesso di chiamare lord Alistair: è in linea, milady!”

Dall’altra parte, una voce composta e per nulla sorpresa, dall’impeccabile accento oxfordiano: “Fafì, cara nipote, mi aspettavo questa chiamata tanto tempo fa”, esordisce: “quando vidi il servizio televisivo sulla Pink Panther”.

Conto mentalmente fino a trentatré, poi parto all’attacco: “Zio Alistair, siamo sotto assedio; invoco il richiamo del sangue e ti chiedo di schierarti dalla parte illegale della barricata, solo per questa volta!”

Una risata elegante quanto un velo di pioggia su un giardino zen: “Non ne ho mai fatto una questione di morale, e questo lo sai. Mi interessano le sfide che riguardano il mio campo professionale, niente di più e niente di meno!”

“Questa volta non si tratta soltanto di lucro, zio Alistair! La sfida viene dai piani più alti del Regno Unito, e c’è in ballo l’incolumità di tutta la famiglia!”. Ho adottato un tono solenne, conscia dell’inclinazione dello zio, sempre ligio all’etichetta. E la Regina, con le sue minacce nei nostri confronti, ha certamente infranto la regola numero uno: nessuno può toccare la famiglia, neanche Queen Elizabeth!

“C’è una cosa che non vi ho mai detto, mia cara, ma non per vile calcolo o dileggio; solo perché nessuno di voi mi ha mai chiesto niente in merito…”

Nella stanza il silenzio si misura in battiti del cuore; Wanda e Archie si stringono la mano, James fissa un aereo che sorvola i tetti, fuori dalla finestra. Io stringo il telefono, preparandomi all’inaspettato.

Zio Alistair accende la miccia e spara: “So chi ha trafugato the Pink Panther dal vostro castello!”

Da qualche parte, il rintocco di un orologio annuncia le sei di sera. Trattengo il fiato, certa che, dopo la rivelazione, la mia vita non sarà la stessa.

“Quando si disegna un sistema d’allarme, conviene sempre omettere dal progetto la presenza di un paio di telecamere. L’importante è sapere dove piazzarle: per esempio, sulla Pantera stessa!” Lo zio si lascia scappare un risolino compiaciuto: “Ti mando un file: è l’immagine dell’unico ladro che è riuscito a sbaragliare un mio sistema d’allarme e a rubare ad altri ladri…”

La telefonata termina. Un suono mi avverte che ho ricevuto un file sul cellulare. La mano mi trema. Passo il cellulare a James che tocca lo screen con dito leggiadro, osserva l’immagine e dilata le pupille. Mi passa il cellulare. Guardo. Mi sfugge un piccolo grido.

Nell’immagine, il viso di Jonathan,  il più abile scassinatore dell’universo. E love of my life. Ancora non per molto, forse.

Amici miei, sono affranta… tutto mi sarei aspettato, ma non il tradimento!  Come reagirò allo smacco e al colpo al cuore?  Prenderò un fazzoletto o una pistola? Lacrime o cazzotti? Lo saprete nella prossima puntata!

 

Zio Barbablù (reprise)

My dear friends, ripropongo questo piccolo ritratto di zio Alistair, fratello del mio adorato daddy, perché si rivelerà personaggio importante nell’avventura che vi sto raccontando in questi giorni: “La Pantera Rosa, la Regina e Mrs. White”. Inoltre, credo che vi divertirete nella lettura. What a family!

barbablu
Uncle

Miei diletti, osservate l’uomo qui sopra dall’aria elegante e posata e ditemi: notate la somiglianza? Mais oui, tale e quale a daddy!

David_Niven
Daddy

Zio Alistair è il fratello maggiore di papà ed è un ingegnere di fama mondiale: ha avuto una cattedra all’Università di Boston, ha brevettato l’attuale sistema che gestisce il funzionamento dei semafori di tutto il globo, ha progettato l’impianto stradale delle grandi arterie internazionali (e, I believe, anche della Via Lattea). A genius. With moustache.

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La Pantera Rosa, la Regina e Mrs. White 2

Thy choicest gifts in store
on her be pleased to pour,
long may she reign!
May she defend our laws,
and ever give us cause
to sing with heart and voice,
God save the Queen!

-God save the Queen-

Riassunto della puntanta precedente: Wanda e Archie, vecchi amici di famiglia nonché colleghi, mi annunciano di essere in dolce attesa e di aver messo a punto il piano perfetto per rubare la Pantera Rosa. Vorrebbero che fossi io a occuparmene. La mia risposta?  Un veemente: jamais!

*********

“Milady, mi sono permesso di aggiungere un cucchiaino di miele di trifoglio irlandese al tè: aiuterà a ritrovare compostezza”, mi fa sapere James mentre, con sapiente professionalità, appoggia la tazza sul tavolino di cristallo senza produrre alcun suono. Le sue parole sono come una lieve ma efficace scossa elettrica che mi sale lungo la spina dorsale, restituendomi il controllo di me.

Wanda e Archie mi guardano con amorevole preoccupazione, consci di essere stati la causa della mia reazione -à vrai dire- un filino sopra le righe.

“Fafy, darling”, sussurra Wanda con circospetta prudenza, alla ricerca delle parole giuste: “Il nostro piano è semplicemente per.fet.to!” Conclude soddisfatta, con la  stringata praticità tipica dei suoi natali a stelle e strisce.

Dovete sapere, miei cari, che la Pantera Rosa è un diamante di non comune bellezza e dal valore ormai incalcolabile, che deve il suo nome all’illusione di un gioco di luce, nel cuore della pietra, che sembra ricordare una piccola pantera.

Il diamante è stato rubato da  mommy and daddy molti anni orsono, siglando l’inizio della loro fruttuosa e romantica liason. Eccoli all’opera, insieme al cugino Ryan, mentre ammirano, estasiati, le forze dell’ordine dispiegate a protezione del gioiello:

Poi, nel gennaio del 2010, la Pantera Rosa sparì dalla nostra collezione privata. Privata e blindata, a prova di ladro. Un piccolo museo personale, solo per i nostri occhi, collocato nelle sale sotterranee di un inespugnabile maniero scozzese delle Highlands. Eppure, non un segno di effrazione, nessun allarme scattato, nessuna impronta.

“It’s him!” Esclamò daddy, furioso.

“C’etait lui, merde!” Sibilò maman con gli occhi che fiammeggiavano di sdegno francese.

“I must kill him!” Decisi io, stritolando il cuscino di velluto su cui, fino a poche ore prima, poggiava il diamante.

“Tea or whisky?” Domandò James senza il minimo segno di emozione.

Tutti sospettammo che fosse stato Mr. White, a quei tempi non ancora mio consorte e non ancora defunto, ad aver compiuto la magia. Come avesse fatto, restava un mistero. Dopo la sua dipartita, Archie in persona spulciò la lista dei beni che avevo ereditato dalla buon’anima: del diamante non c’era traccia.

Ma, nel gennaio del 2017, quando i termini della mia vedovanza (ma non della latitanza) erano ormai andati in prescrizione, la Pantera Rosa riapparve, e non in un luogo qualunque!

Mi trovavo a Parigi, nel mio modesto appartamento di Montmatre con vista sul Sacre Coeur; “Milady”, mi disse James passandomi il telecomando della televisione: “Ha telefonato milord,  il suo esimio padre, chiedendomi di sintonizzarci su BBC news”.

Un servizio sulla mostra di diamanti esposta a Buckingham Palace intitolata: “I preziosi gioielli personali della regina Elisabetta”.

Sullo schermo, passavano le allettanti immagini di alcune delizie milionarie che mi fecero pizzicare i polpastrelli. Infine, il pezzo forte: un pendente con una goccia di diamante rosa, unica nel suo genere, poiché il gioco di luci nel suo interno sembra disegnare un felino selvaggio: una piccola pantera…

“Più prezioso della Coronation necklace”, ci informava la giornalista: “La regina Elisabetta stessa ha deciso di aggiungere la Pantera Rosa alla mostra, con il preciso intento -secondo il comunicato- di rendere noto al pubblico il legame affettivo con la famiglia ( che preferisce mantenere l’anonimato) che le ha fatto dono di un gioiello di siffatta bellezza e valore”.

Le immagini continuavano a scorrere, ma la mia mente era andata in off. Persino James impiegò un secondo di troppo prima di spegnere il televisore.

Tenemmo una tempestiva riunione di famiglia via skype e ognuno di noi si mise all’opera per ottenere informazioni.

Un anno è trascorso, e ancora non abbiamo scoperto nulla: la sparizione della Pantera Rosa, e come fosse diventata proprietà della regina d’Inghilterra, restano quesiti senza risposta.

Una sola cosa è chiara: a Buckingham palace, sanno tutto di noi. E vogliono che noi sappiamo che loro sanno!

E ditemi se non vi lascio con un fior di cliffhanger! Nella prossima puntata, ci sarà un colpo di scena che vi farà saltare davanti al pc… tenete a portata di mano i sali, s’il vous plait!

La Pantera Rosa, la Regina e Mrs. White (prima parte)

Gem dealer 1: If you look deep into the stone, you will perceive the tiniest discoloration. It resembles an animal.

Sultan: An animal?

Gem dealer 1: A little panther.

Una nuova avventura delle vostra ladra preferita!

“Non lo ruberò mai! Jamais!”

Così esclamo, scuotendo il capo con fare drammatico, seduta nel salottino del mio modesto attico con giardino pensile nel preciso istante in cui James s’appresta a servire il tea.

Miei diletti, vi starete chiedendo il perché della mia decisione improvvisa: ebbene, sappiate che la sottoscritta ha sempre amato camminare sul filo del rasoio, rischiando il tutto per tutto in cambio di una manciata di brillocchi, tre o quattro tiare imperiali o i gioielli di una qualche corona. Ma la notizia appena ricevuta dai miei ospiti, comodamente piazzati sul divano accanto a me, aveva scatenato una tempesta nel mio cuore di ladra patentata.

Archie Leach è il nostro avvocato di famiglia. British dalla testa ai piedi, parrucca bianca compresa. Sua moglie Wanda è una ladra internazionale. Bellissima, americana e con un vistoso pancione.

“Gemelli”, mi dice, soffiandosi il naso nel fazzoletto a righe che il solerte marito le ha infilato con dolcezza tra le mani.

Sono stata testimone della sposa al loro matrimonio a Rio: mare, palme, samba e caipirinha per quattro giorni e quattro notti. Avevano qualche conto in sospeso con la giustizia e, quando le acque si sono calmate, sono veleggiati tra le colline del Devon e hanno fissato la loro dimora accanto alla nostra casa di famiglia. Vicini di mansion. Siamo rimasti sempre in contatto, con Wanda abbiamo anche compiuto qualche marachella milionaria insieme, ma  è la prima volta che li accolgo su questo divano ed è la prima volta che sento parlare dei gemelli.

“Faf”, esordisce Wanda con solennità, e i suoi occhioni pieni di brio sondano le mie profondità come il metal detector dell’aereoporto Kennedy: “Tu sai quanto io abbia il furto nel sangue; ho vissuto in sei o sette nazioni, cambiato passaporto con la frequenza con cui le donne normali cambiano gli asciugamani, e sono più le volte che sono uscita dalla finestra piuttosto che dalla porta d’ingresso…”

Archie si limita ad annuire con ritmo regolare, muovendo le labbra in silenzio, quasi stia ripassando l’arringa finale di un processo. Ogni tanto Wanda cerca il suo sguardo, allora lui le sorride con aria incoraggiante, lo stesso sguardo che adotta quando prepara un suo cliente per l’interrogatorio al banco della difesa.

“Ma questa volta passo… con la morte nel cuore rinuncio…” Wanda guarda il marito, e lui stringe le labbra, facendole correggere il tiro: “Con la certezza e la serenità di aver preso la giusta decisone, in vista del mio prossimo ruolo di madre, e nonostante il piano già elaborato in tutti i minimi dettagli, ti comunico che rinuncio al colpo della Pantera Rosa!”

La Pantera Rosa! Solo a sentirne il nome, sento le guance avvampare. Stringo i braccioli della poltrona e pianto i tacchi nel parquet in rovere.

“Non lo ruberò mai! Jamais!” Sbotto, pronta a esibirmi in una delle mie famose scene madri da diva del muto.

“Tea, milady?” Domanda James, flemmatico e imperturbabile come sempre.

Cosa passa nella mia testolina di ladra? Perché non voglio occuparmi della Pantera Rosa? Forse è qualcosa legato al mio passato? Restate sintonizzati fino alla prossima, entusiasmante puntata!